Spunti di riflessione su valutazione delle tecnologie,
qualità delle raccomandazioni, scelte dei pazienti e governo delle aziende sanitarie

Massimo Brunetti, Vincenzo Rebba

1Direzione Sanitaria, Azienda Usl di Modena, 2Dipartimento di Scienze Economiche, Università di Padova e AIES

Dalla letteratura internazionale
Welcome clinical leadership at Nice
Editorial
Lancet 2008; 372; 601

Risk sharing and payment by results
Breckenridge A, Walley T
Clin Pharmacol Ther 2008; 83: 666-667

La valutazione delle nuove tecnologie sanitarie è una delle chiavi del successo dei sistemi sanitari e l’esperienza del National Institute of Health and Clinical Excellence (Nice) rappresenta un esempio molto seguito a livello internazionale. Due lavori si sono occupati della valutazione clinica ed economica delle tecnologie da parte del Nice. Il primo, un editoriale del Lancet, mostra come esso abbia ricevuto recentemente molte critiche legate alla preliminare valutazione negativa di quattro farmaci per il trattamento del carcinoma a cellule renali: secondo questa valutazione i farmaci sono clinicamente efficaci, ma non costo-efficaci. La decisione finale sarà presa nel gennaio 2009, ma se non verrà modificata i farmaci non saranno raccomandati dal National Health Service (Nhs). Il rapporto costo-efficacia è infatti superiore alla soglia di accettabilità stabilita dal Nice, pari a £ 30.000 per Qaly guadagnato, e il prezzo decisamente elevato di questi farmaci ha un peso importante sui risultati.
Secondo gli autori dell’editoriale, il sistema adottato dal Nice necessita di una revisione e dovrebbe includere anche altri tipi di valutazioni. Viene suggerito anche di rivedere la soglia di accettabilità delle innovazioni, in quanto non si basa su solide prove di efficacia. Secondo un’inchiesta dell’Health Select Committee, questa soglia non si sposa con il budget del Nhs. Infatti, sebbene con l’ultimo governo la spesa sanitaria sia aumentata, il livello di questa soglia è rimasto invariato. Lo stesso Nice si pone il problema dell’adeguatezza dell’intero sistema legato alla soglia e ai Qaly. Secondo questo editoriale, il Nice dovrebbe trovare il modo di evitare che i pazienti e i clinici pensino di ricevere un disservizio. Quando farmaci importanti, come quelli citati nell’articolo, vengono valutati negativamente dal punto di vista economico, il Nice stesso dovrebbe dire “abbiamo la disponibilità di farmaci efficaci, dei quali il Nhs non può sostenere la spesa, e il governo deve trovare nuove vie per sostenerla”. Il chairman del Nice Michael Rawlins, criticando le strategie di definizione del prezzo dei farmaci, ha comunque sostenuto che il Nice non sarà un attore passivo nei confronti del governo e dell’industria.
Il lavoro di Breckenridge analizza un altro meccanismo del Nice, quello del ‘pagamento in base ai risultati’, adottato in alcuni casi anche da Medicare e per remunerare i medici di medicina generale inglesi.
Nel 2006 il Nice ha valutato il bortezomib per il trattamento della prima recidiva nel mieloma multiplo. Nella prima valutazione aveva sostenuto che il bortezomib aveva un costo per Qaly troppo elevato, facendo notare che se il farmaco fosse stato interrotto nei pazienti non rispondenti, il valore di costo-efficacia sarebbe migliorato. Dopo una lunga trattativa con le aziende produttrici, queste ultime si sono fatte carico di rimborsare i farmaci al Nhs nei pazienti non rispondenti al quarto ciclo di terapia. Pagando solo i farmaci realmente efficaci, il Nice ha approvato il farmaco. Questo non è il primo esempio in cui il Nhs adotti meccanismi simili. Già nel 2002, per l’interferone beta, si era avviata una procedura simile, che prevedeva la misurazione della qualità della vita nei pazienti con sclerosi multipla. I risultati saranno noti solo nel 2012, tuttavia sono stati già criticati per la difficoltà nel misurare gli esiti sanitari.
Rispetto all’esperienza dell’interferone, il meccanismo di valutazione adottato con il bortezomib dovrebbe ottenere maggiore successo in quanto la misurazione dell’efficacia sembra più semplice e l’eventuale rimborso del farmaco è gestito a livello locale dai singoli ospedali. Uno dei punti chiave di questi modelli, già sperimentati in altre situazioni e di cui esiste anche una revisione della letteratura, rimane la misurazione degli esiti sanitari per determinare il successo della terapia: dove questi sono semplici e chiari hanno successo.


Nursing could led primary care?
Sibbald B, Knight R
BMJ 2008; 337: a1157-a1169

Quale ruolo potrebbero avere gli infermieri nella medicina generale? Questo articolo propone un’interessante discussione fra due autori con posizioni divergenti sull’argomento. Bonnie Sibbald sostiene che la figura dell’infermiere potrebbe rappresentare la nuova frontiera delle cure primarie, mentre secondo Rhona Knight questo sarebbe un passo indietro.
A sostegno della tesi positiva, si sottolinea che esistono aree di sovrapposizione delle competenze tra medici e infermieri, nelle quali ci sarebbe spazio per una possibile sostituzione, soprattutto nell’assistenza primaria. Alcune revisioni sistematiche dimostrano che gli infermieri che operano in un contesto di cure primarie possono offrire ai pazienti un’assistenza di qualità simile a quella dei medici di medicina generale, in particolare nelle aree della prevenzione, del follow-up di pazienti con patologie croniche e nel primo contatto per patologie di minor rilievo. In alcuni casi gli infermieri forniscono maggiori informazioni ai pazienti e questi ultimi sono anche più soddisfatti. Si preferiscono gli infermieri in particolare per le patologie minori o di routine, mentre ci si affida più volentieri al medico per patologie serie o difficili. Una volta che i pazienti ricevono rassicurazioni sulla competenza degli infermieri, accettano il loro ruolo e sono soddisfatti.
Sorprendentemente sono state condotte poche ricerche per capire se la sostituzione del medico con l’infermiere comporti un vantaggio dal punto di vista delle risorse: i pochi studi disponibili sostengono che la sostituzione non comporti modifiche dal punto di vista economico. Il risparmio legato al minor costo del personale infermieristico è compensato da visite più lunghe e ripetute e, a volte, da un aumentato impiego di esami.
Per un recupero di efficienza del sistema, i medici dovrebbero occuparsi dei servizi che solo loro sono in grado di fornire, dei casi in cui esiste più incertezza sulla diagnosi o del trattamento di condizioni complesse. Un ostacolo al ruolo degli infermieri può essere di tipo legislativo, legato per esempio alla possibilità di prescrivere farmaci. Dalla primavera 2006 gli infermieri qualificati del Nhs hanno la possibilità di prescrivere tutti i farmaci per ogni patologia, con eccezione di alcune categorie specifiche di molecole. Un grande stimolo ad impiegarli in medicina generale è avvenuto attraverso i diversi General medical services contract, che prevedevano di fornire assistenza per una serie di servizi che potevano essere svolti anche dagli infermieri.
Il parere a sostegno della tesi negativa arriva invece da un medico che ha lavorato in medicina generale con gli infermieri. Esistono esperienze positive di utilizzo degli infermieri nell’assistenza primaria e secondaria, ma la sostituzione dei medici con gli infermieri può ridurre la possibilità di scelta dei pazienti e non ha il sostegno di molte prove scientifiche. Si riscontrano poi ampie differenze nella formazione, capacità ed esperienza degli infermieri nell’ambito delle cure primarie. Gli infermieri, in genere, comunicano bene e i pazienti apprezzano questa qualità, tuttavia bisognerebbe analizzare con attenzione i diversi studi di confronto sull’argomento. Per esempio, la soddisfazione dei pazienti dipende dalle aspettative degli stessi. I pazienti preferiscono confrontarsi con il medico se i loro sintomi sono seri, ma chi ne decide la gravità?
I medici hanno un lungo percorso di formazione sia teorica sia pratica, che comprende anche la capacità di gestire situazioni di incertezza diagnostica. La medicina generale rappresenta la componente più economica del Nhs e si farebbe un disservizio se si denigrasse il ruolo dei medici. Per far sì che gli infermieri sappiano affrontare tutte le patologie, bisognerebbe aumentare le ore dedicate alla loro formazione e renderli in grado di conseguire un curriculum simile a quello dei Mmg. Orientarsi verso un servizio gestito solo dagli infermieri sarebbe un passo indietro, soprattutto se l’obiettivo finale è ridurre i costi del sistema sanitario.


‘Grade’: an emerging consensus on rating quality of evidence and strength of recommendations
Guyatt G et al
BMJ 2008; 336: 924-926

Le raccomandazioni cliniche e le linee guida rappresentano uno dei strumenti impiegati per il miglioramento dell’appropriatezza. A livello internazionale negli ultimi decenni sono state sviluppate diverse metodologie per ottenere questo scopo. Tuttavia esse non sono coerenti nella valutazione della qualità delle prove e nel grading della forza delle raccomandazioni. L’articolo di Guyatt, il primo di una serie di 5 articoli usciti sul BMJ, analizza i vantaggi dell’uso del metodo Grade, proposto nel 2004 e ora adottato a livello mondiale da più di 25 organizzazioni come, per esempio, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’American college of physicians, la Cochrane collaboration.
Il metodo prevede una chiara e semplice separazione fra la valutazione della qualità delle prove e la forza delle raccomandazioni e considera sia gli studi randomizzati sia quelli osservazionali. La qualità delle prove viene valutata in quattro giudizi (alta, moderata, bassa e molto bassa) e le raccomandazioni sono graduate come forti o deboli. Il Grade riconosce che una qualità alta non necessariamente porta a raccomandazioni forti e anche il contrario. I vantaggi, secondo chi ha sviluppato il metodo, consistono nella possibilità di combinare una serie di elementi non presenti contemporaneamente in altri metodi, come:
• lo sviluppo del metodo da parte di un gruppo internazionale di esperti;
• la possibilità di utilizzo per revisioni sistematiche, technology assessment e linee guida;
• una chiara separazione fra la qualità delle prove e la forza delle raccomandazioni;
• una esplicita valutazione dell’importanza degli esiti delle diverse strategie di intervento;
• criteri chiari ed espliciti per abbassare o alzare il livello della qualità delle prove;
• un processo trasparente per passare dalle prove alle raccomandazioni;
• una chiara interpretazione delle raccomandazioni forti rispetto a quelle deboli per i clinici, pazienti e decisori sanitari.

Per esempio, le prove basate su studi clinici randomizzati e controllati partono con una qualità alta, ma la fiducia può essere abbassata per diverse ragioni come le limitazioni degli studi, l’incoerenza dei risultati, la trasferibilità delle prove, l’imprecisione delle stime e la descrizione selettiva degli studi e degli esiti. Gli studi osservazionali possono vedere aumentata la loro qualità sulla base di altri criteri. Per quanto riguarda la forza delle raccomandazioni, quando gli effetti desiderabili di un intervento superano chiaramente quelli non desiderabili, le raccomandazioni sono forti. Questo metodo sembra avere grandi potenzialità di utilizzo per il prossimo futuro.


Patient choice in general practice: the implications of patient satisfaction surveys
Robertson R et al
J Health Serv Res Policy 2008; 13 (2): 67-72

La possibilità di scegliere il proprio medico è considerata una priorità in molte nazioni. In Inghilterra, per esempio, i pazienti possono accedere all’assistenza primaria attraverso i medici di medicina generale, gli Nhs walk-in centres, le family planning clinics, le farmacie e il servizio telefonico Nhs direct. Nonostante ciò, per molti cittadini inglesi la possibilità di scegliere liberamente il proprio medico è solo teorica. Molti medici hanno infatti liste chiuse e molte aree sono servite da pochi medici, problema che è stato riconosciuto anche nel White Paper. In Inghilterra si cercherà di quindi aumentare la possibilità di scelta dei cittadini, aprendo le liste ora chiuse, incentivando i medici a lavorare nelle aree poco servite, ad aumentare gli orari di apertura degli studi medici e a offrire più servizi.
In funzione di questo, obiettivo del lavoro di Robertson è stato quello di cogliere gli elementi ritenuti importanti dai pazienti nella scelta del medico di medicina generale. È stata effettuata una regressione logistica di una indagine nazionale che ha coinvolto i pazienti del Nhs attraverso la distribuzione di un questionario postale inviato a più di 250.000 persone (con un tasso di risposta del 45%). I risultati hanno mostrato che la fiducia e la credibilità del medico sono i fattori più importanti per spiegare la variabilità della soddisfazione dei pazienti. Elementi meno importanti sono il tempo di attesa dopo aver preso l’appuntamento, quello trascorso nello studio del medico e la possibilità di contattare telefonicamente il medico stesso. I pazienti considerano più importante la relazione che instaurano con il medico degli aspetti logistici. Lo studio suggerisce quindi che se le restrizioni nella scelta del medico diminuissero, quest’ultima si baserebbe in gran parte sulla qualità della relazione fra medico e paziente.


What benefit will choice bring to patients?
Literature review and assessment of implications
Fotaki M et al
J Health Serv Res Policy 2008; 13: 178-184

L’obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’impatto di una maggiore possibilità di scelta dei pazienti nell’ambito dell’assistenza sanitaria. Lo studio ha considerato da un lato se i pazienti scelgano effettivamente in quale ospedale curarsi, a quale erogatore di assistenza primaria affidarsi e quale trattamento intraprendere, dall’altro quale sia l’impatto di politiche a favore della scelta dei pazienti sull’equità di accesso, sull’efficienza e sulla qualità dei servizi offerti.
L’analisi è stata condotta attraverso una revisione di studi teorici condotta in Gran Bretagna, Europa e Stati Uniti. Gli studi selezionati si sono focalizzati non solo sulla scelta individuale dei pazienti, ma anche sull’impatto di eventuali figure ‘agenti’ dei pazienti (come i medici di medicina generale). I risultati hanno dimostrato che per i pazienti non è prioritario poter effettuare una scelta fra diversi ospedali e erogatori di assistenza primaria, a meno che i servizi non siano di livello scadente (per esempio, con lunghe liste di attesa) e i pazienti non abbiano limitazioni nella capacità di spostarsi.
Quando le persone si ammalano, considerano importante che il medico in cui hanno fiducia decida al loro posto il trattamento. Inoltre le persone più istruite utilizzano meglio le informazioni e sono più in grado di effettuare scelte autonome. Questo possibile aumento delle disuguaglianze potrebbe essere ridotto fornendo informazioni specifiche a gruppi di popolazione selezionati sul come fare le scelte nel mercato sanitario. La letteratura non ha dimostrato che garantire una maggiore possibilità di scelta ai pazienti determini un aumento dell’efficienza o della qualità dell’assistenza. Tuttavia, anche se i pazienti utilizzano in modo limitato le proprie possibilità di scelta, questo potrebbe stimolare i fornitori di servizi ad aumentare la qualità dell’assistenza.


Interventions to reduce unnecessary antibiotic prescribing. A systematic review and quantitative analysis
Ranji SR et al
Med Care 2008; 46: 847-862

Un impiego eccessivo di antibiotici nell’assistenza ambulatoriale persiste nonostante i molti sforzi fatti per risolvere il problema. Lo studio propone una revisione sistematica per valutare l’efficacia di alcuni interventi adottati per ridurre la prescrizione di antibiotici nelle malattie acute ambulatoriali, nelle quali questi farmaci sono spesso prescritti in modo inappropriato. Il database Cochrane Effective Practice and Organisations of Care è stato integrato con una ricerca supplementare della letteratura, che ha identificato 55 studi sia randomizzati sia osservazionali. Esito primario dello studio era la riduzione assoluta della proporzione di pazienti che ricevevano antibiotici. La maggior parte degli studi si occupava di prescrizioni per le infezioni respiratorie acute. Anche se non è stato possibile effettuare una analisi quantitativa di tutti i dati, dagli studi esaminati è emerso che in generale il 38% di queste visite si conclude con una prescrizione di antibiotici e che, se si applica un intervento di miglioramento, si ottiene una riduzione mediana della proporzione di soggetti che ricevono antibiotici pari al 9,7% su un periodo di 6 mesi di follow-up (corrispondente ad una riduzione relativa del 25%).
Sono stati inoltre confrontati quattro grandi gruppi di interventi: quelli che prevedevano solo la formazione dei medici, quelli che prevedevano solo la formazione dei pazienti, quelli che prevedevano entrambe e quelli che associavano la formazione di medici e pazienti a programmi di audit and feedback: nessuno di questi interventi si è dimostrato chiaramente superiore agli altri. Le strategie di formazione attiva dei clinici mostrano una maggiore efficacia rispetto a quelle passive (13% circa di riduzione assoluta rispetto al 7%). Inoltre, interventi rivolti a un livello allargato della comunità sembrano avere un impatto maggiore sulle prescrizioni rispetto a studi mirati a specifiche condizioni o popolazioni di pazienti. Quindi, le strategie di miglioramento della qualità per ridurre l’uso degli antibiotici in ambito ambulatoriale sembrano portare ad un miglioramento della prescrizione, anche se con risultati abbastanza diversi per le diverse strategie.
Monografie
Il governo dell’azienda sanitaria
a cura di Francesca Vanara
Il Mulino Editore, Bologna 2008, 612 pagine

Le forme di accentramento regionale sempre più spinte, a fronte dei benefici derivanti dalle economie di scala e dei conseguenti risparmi di risorse, possono presentare il rischio di trasformare le aziende sanitarie in articolazioni delle regioni, dotate di autonomia giuridico-formale, ma non sostanziale. Il ruolo delle aziende sanitarie appare cruciale nell’ottica della ricerca del soddisfacimento dei bisogni della popolazione, del miglioramento continuo della qualità e dell’appropriatezza dell’assistenza. Ciò richiede forme di governo integrato delle aziende, in cui la valutazione delle performance economiche non sia disgiunta dalla valutazione degli outcome di salute. In tale prospettiva, i vari sistemi settoriali di governance vanno ben coordinati tra di loro, eliminando eventuali sovrapposizioni per riallineare i diversi processi, come, per esempio, la pianificazione strategica, la formazione, la comunicazione, verso obiettivi comuni e condivisi.
Il volume, curato da Francesca Vanara, raccogliendo numerosi contributi di dirigenti e professionisti di aziende e agenzie sanitarie di varie regioni italiane, esamina in profondità queste tematiche, partendo da un interrogativo di fondo: il governo delle aziende è vero governo o prevalgono le rigidità e gli automatismi burocratici e la logica della catena di trasmissione con la regione?
Nel capitolo introduttivo si propongono i macro dati e si presenta il modello di analisi che lega i diversi contributi del volume articolato in tre parti. La prima, dedicata alla complessità dell’azienda sanitaria, si apre con l’analisi giuridica sull’evoluzione del Ssn e delle sue strutture di offerta. Nel successivo contributo vengono esaminati la natura e l’autonomia dell’azienda sanitaria, il suo governo interno e il governo del complessivo sistema delle aziende. Con riferimento al tema della complessità nella cultura postmoderna, vi è poi una riflessione sul nuovo ruolo delle aziende che possono essere viste come sistemi adattivi complessi in continua evoluzione. Viene poi affrontata la questione dell’ambito valoriale in cui la managerialità sanitaria va inserita con tutte le sue implicazioni etiche. La prima parte del volume si chiude con l’analisi dell’esperienza della Asl di Brescia sul versante delle strategie organizzative per la gestione delle malattie croniche.
La seconda parte del volume è dedicata alla valutazione critica del ruolo della dirigenza nel governo delle aziende sanitarie, focalizzando l’attenzione sulle varie figure dirigenziali: il direttore generale, il direttore amministrativo, il direttore sanitario, il direttore sociale e la direzione infermieristica.
La terza ed ultima parte del libro contiene un’analisi delle aree funzionali dell’azienda sanitaria. Nel primo saggio si evidenzia come il processo di decentramento e di aziendalizzazione del Ssn abbiano reso il tema dell’articolazione interna delle unità di offerta ancora più centrale nel dibattito scientifico e nella ricerca di soluzioni operative. Sempre con riferimento alle problematiche organizzative, viene quindi approfondita l’analisi del dipartimento ospedaliero. Un capitolo viene dedicato all’attività d’impresa nel campo della ricerca e sviluppo finalizzata alla produzione della conoscenza. Viene esaminata poi l’introduzione della funzione di marketing nelle aziende sanitarie pubbliche, l’area della produzione ospedaliera e quella dei sistemi informativi che caratterizzano le aziende sanitarie.


Assistenza sanitaria e tutela del cittadino: modelli privatistici e orizzonte europeo
di Laurence Klesta Dosi,
Giappichelli Editore, Torino 2008, 400 pagine

Il libro analizza gli strumenti giuridici più appropriati per la tutela del cittadino che accede ad un servizio sanitario pubblico o privato e che quindi si pone in un “rapporto di assistenza sanitaria”. L’autrice, Laurence Klesta Dosi, adotta un approccio comparatistico, con ampi riferimenti alle esperienze di Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, individuando tre modelli: ‘consumeristico’, fondato sul rapporto tra professionista e paziente-consumatore; ‘contrattuale’, che costruisce la relazione con la struttura sanitaria in termini di contratto di cura; ‘della responsabilità professionale’ sia in chiave contrattuale che extracontrattuale. L’analisi pone in evidenza il progressivo avvicinamento tra regola giuridica e criteri economici, percettibile in tutte le fasi che caratterizzano il rapporto di assistenza sanitaria: scelta della struttura sanitaria, contenuto e qualità della prestazione.
Il volume è diviso in cinque capitoli. Il primo riguarda la qualifica dell’interesse alla salute nei vari ordinamenti giuridici; a seconda del paese considerato, sono presi in considerazione i principi costituzionali e/o le norme pubblicistiche alla luce dell’attuale processo europeo di valorizzazione degli interessi legati alla persona.
Il secondo capitolo considera la trasposizione dei principi costituzionali. L’erogazione dell’assistenza sanitaria è qui considerata sulla base delle varie legislazioni nazionali, con particolare riguardo alle recenti riforme finalizzate al contenimento della spesa pubblica e al rapporto tra pubblico e privato. Su queste basi si innesca l’analisi sulla qualifica del rapporto giuridico tra cittadino e struttura sanitaria (contratto/relazione di pubblico servizio).
Il terzo capitolo considera il rapporto di assistenza sanitaria secondo il modello contrattuale. In primo luogo, si esamina il contenuto delle prestazioni, oggetto della relazione di assistenza, ponendo in evidenza due particolarità: da un lato la pluridimensionalità e la atipicità delle prestazioni, dall’altro la loro complessità e interdipendenza; tali caratteristiche, riassunte nel concetto di seamless service, pongono in rilievo il profilo, a volte desueto, di alcune categorie civilistiche senza, tuttavia, pregiudicare la forza del modello contrattuale come strumento di tutela della persona. In secondo luogo, viene valutata, alla luce delle principali Direttive comunitarie, la trasponibilità delle regole consumeristiche alla relazione di assistenza sanitaria.
Il quarto capitolo affronta i criteri di responsabilità applicabili alla relazione di assistenza sanitaria e delineati in sede giurisprudenziale. La prima sezione tratta dei profili di convenienza della responsabilità contrattuale – sia sotto l’aspetto dell’imputabilità che dell’estensione dell’oggetto ad obblighi non contrattuali – e si sofferma sul concetto di diligenza professionale come fonte di affidamento. La seconda sezione considera il modello della responsabilità professionale di tipo extracontrattuale ( tort law/responsabilité quasi-délictuelle) adottato in paesi per certi versi antagonisti, come la Francia e gli Stati Uniti.
Infine, il quinto capitolo propone una valutazione sull’efficacia dei modelli presi in considerazione. Anche se il favore per lo schema contrattuale appare piuttosto chiaro, l’attuale processo di integrazione europeo privilegia un modello che possa valere per tutte le fattispecie di responsabilità sanitarie con riferimento a un’esigenza di tutela avvertita prima dell’esecuzione della prestazione e tale da giustificare le aspettative del cittadino rispetto a determinati standard di sicurezza. La trasversalità dei modelli, conseguenza dell’interazione con l’attività economica svolta dalla struttura sanitaria, tende così a ricomporsi attorno al concetto di responsabilità da affidamento basato su alcuni principi europei come la sussidiarietà e la proporzionalità.