Segnalazioni


Politiche sanitarie in Italia
Francesco Taroni
Il Pensiero Scientifico Editore 2011

Sullo sfondo delle varie fasi di sviluppo politico, economico e istituzionale della nazione, Taroni analizza la struttura e il finanziamento delle istituzioni sanitarie italiane: la rapida espansione e la lenta disgregazione del sistema mutualistico; lo sviluppo e la crisi di quello ospedaliero; l’istituzione del Servizio sanitario nazionale; le riforme degli anni ’90, culminate con il Titolo V della Costituzione. Tra elementi di continuità sul fronte delle istituzioni (inclusi quelli con il regime corporativo fascista inaugurato con la Carta del Lavoro del 1927) e momenti di rottura, dalla grande riforma del 1978 alle successive riforme e controriforme, emerge un affresco delle politiche sanitarie pubbliche in Italia fondato anche su una puntuale analisi comparativa con il National health service britannico e con il sistema americano.
L’assistenza agli anziani non autosufficienti
in Italia - Terzo rapporto
Network non autosufficienza
Maggioli Editore 2011

Questa terza edizione del Rapporto del Network non autosufficienza promosso dall’Agenzia Nazionale per l’Invecchiamento presenta il punto sull’evoluzione delle politiche pubbliche e un approfondimento dedicato ai servizi residenziali. Nella prima parte si trova il monitoraggio dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Inoltre lo sguardo si pone anche sulla realtà internazionale attraverso l’analisi delle trasformazioni dell’assistenza nei paesi Ocse. Nella seconda parte del lavoro c’è un approfondimento monografico sui servizi residenziali, la situazione attuale e la loro evoluzione. Si parte dai bisogni, con un quadro sull’epidemiologia dei residenti e le sue implicazioni per l’attività assistenziale. Si passa poi alla discussione delle risposte, cominciando con la disamina degli standard di qualità e di personale in varie Regioni, per poi passare ai sistemi di tariffazione e alla ripartizione della spesa tra sanità e sociale. Dopo aver discusso le caratteristiche delle strutture, se ne esamina la collocazione nella rete dei servizi e il rapporto con gli altri soggetti coinvolti. Conclude la parte monografica un capitolo incentrato sulle sfide future.
Equità nell’accesso ai servizi sanitari, disuguaglianze di salute e immigrazione.
La performance dei servizi sanitari
Margherita Giannoni (a cura di)
Franco Angeli 2010

Il fenomeno migratorio ha assunto in Italia dimensioni sempre più ampie nel corso dell’ultimo decennio. Il nostro paese si è trovato spesso in difficoltà nel dover affrontare le complesse problematiche che conseguono il verificarsi di un fenomeno così nuovo e di vasta portata. Alla luce di queste considerazioni, il Pehrg (Poverty and equity in health research group) dell’Università degli studi di Perugia ha analizzato la performance delle Regioni italiane in termini di disuguaglianze di salute e mancanza di equità nell’uso dei servizi sanitari, confrontando la situazione dei cittadini stranieri residenti con quella degli italiani e mettendo a punto una metodologia basata sul ricorso ad un sistema di indicatori utilizzabili a tale scopo. Il volume riporta nella prima parte le evidenze relative ai tipi e determinanti delle disuguaglianze socioeconomiche di salute e di uso dei servizi sanitari sperimentate dalle popolazioni migranti negli Stati Uniti e nel nostro paese. Nella seconda parte si riportano i risultati dell’indagine relativa alla valutazione della performance dei servizi sanitari in termini di equità nella Regione Umbria, nel periodo 2007-2009. Questo ha consentito una prima valutazione non solo per la Regione Umbria ma anche l’estensione della misurazione ad altre realtà regionali in grado di fornire indicazioni tempestive ai policy maker e agli operatori dei servizi sanitari e sociali.
Perspectives on telehealth and telecare.
Learning from the 12 Whole System Demonstrator Action Network (WSDAN) sites
Giordano R, Clark M, Goodwin N
WSDAN briefing paper, WSD Action Network 2011

Fra il 2008 e il 2011 il King’s Fund, insieme al Department of Health Care inglese, ha collaborato con 12 diversi centri inglesi per esaminare i progressi e l’impatto nell’implementazione degli interventi di telemedicina. I ricercatori hanno visto che accanto alle capacità di leadership, di sviluppo e di data management si associano anche altri elementi che possono contribuire all’adozione di questi interventi. Il primo riguarda la revisione dei modelli organizzativi conseguenti alla possibilità di monitorare i pazienti a distanza. Un altro riguarda l’importanza della revisione dei modelli di sviluppo professionale e di formazione delle competenze delle persone coinvolte nel percorso assistenziale. Un ulteriore aspetto riguarda la necessità di fare in modo che le nuove tecnologie siano disegnate sui bisogni e sulle necessità delle Aziende sanitarie e non sulla base delle capacità dei fornitori. Data la presenza di pochi studi che supportano l’uso di queste tecnologie, è importante che i gruppi che decidono di implementarle osservino quanto fatto da altre esperienze. Ultimo punto, visto il loro forte sviluppo nel futuro, riguarda la necessità di avere una struttura di governo delle tecnologie legate alla telemedicina, anche al fine di verificare il raggiungimento degli obiettivi di ogni singola azione nei confronti degli operatori e dei pazienti.
Case management:
what it is and how it can best be implemented
Ross S, Curry N, Goodwin N
The King’s Fund London, November 2011

Nei prossimi anni per rispondere alle problematiche dei maggiori bisogni dei pazienti dovranno essere messi in atto programmi mirati al coordinamento e all’integrazione dei servizi sulla base dei bisogni dei pazienti cronici, complessi e con condizioni di disabilità. Questo studio esamina i modi con cui il case management può essere implementato con successo, all’interno delle politiche di integrazione dei servizi a favore dei pazienti non autosufficienti. Il case management, dove è stato implementato, ha migliorato i risultati sia per i pazienti che per le loro famiglie, migliorando gli esiti, riducendo l’utilizzo dei servizi ospedalieri e favorendo un approccio più costo-efficace alla cura. Fra i fattori che si devono realizzare per raggiungere un positivo impiego di questo strumento vi è la chiara assegnazione di un paziente ad un singolo o a un team di operatori, la chiarezza sul ruolo da svolgere da parte del case manager in modo da garantirne le competenze cliniche tecniche, un’accurata attività di identificazione dei pazienti assegnati, un unico punto di accesso per la valutazione e la definizione del percorso di assistenza, la continuità delle cure per ridurre il rischio di ricoveri non programmati, l’autocura al fine di favorire la gestione della propria patologia da parte dei pazienti, l’integrazione dei team sanitari e sociali anche attraverso obiettivi comuni e, infine, sistemi informativi che supportano la comunicazione basati sul miglioramento dell’assistenza.
Setting priorities in health:
a study of English primary care trusts
Robinson S, Dickinson H, Williams I et al
Nuffield Trust, September 2011

La ricerca riportata in questo documento ha l’obiettivo di fare il punto sulle tecniche di definizione delle priorità all’interno del National health service (Nhs) inglese, analizzandone e valutandone l’efficacia, i punti di forza e di debolezza all’interno di specifici contesti locali, quali i Primary Care Trusts (PCTs). Il lavoro è stato condotto attraverso una prima survey nazionale, inviata a tutti i PCTs. La seconda parte del lavoro ha visto l’analisi di cinque casi – studio. La maggior parte dei PCTs afferma di conoscere i processi formali di definizione delle priorità, anche se spesso queste definizioni sono svolte in modo parziale e insufficiente. Generalmente sono rivolte in modo prioritario verso l’allocazione di nuove risorse, piuttosto che su politiche di disinvestimento. La valutazione dei bisogni, utilizzando dati a livello di popolazione, è l’approccio più utilizzato per la definizione delle priorità. I punti di forza considerati sono la semplicità, la trasparenza e l’utilizzo delle prove scientifiche a loro supporto. Fra i principali punti di debolezza vi è la difficoltà nel reperire prove sufficienti per prendere le decisioni e il fatto che sono effettuati soltanto in un unico momento dell’anno. Anche lo scarso coinvolgimento del livello locale, dei gruppi di pazienti e del pubblico in generale viene considerato un punto di debolezza. Accanto a questo lavoro è stato realizzato un altro studio, sempre condotto dal Nuffield Trust: ‘Setting priorities in health: the challenge for clinical commissioning’.
Social and economic costs of violence
Workshop summary
US Board on Global Health
IOM, October 2011

Questo documento riporta i risultati di un seminario sui costi sociali ed economici della violenza, mostrando come questa non causi solo danni fisici ed emotivi, ma comporti un costo sociale ed economico per la comunità. La misurazione di questo costo è spesso molto difficoltosa e riguarda solo i costi diretti dell’uso dei servizi sanitari o le perdite di produttività sul lavoro. Tuttavia vi sono anche tipologie di costo legate allo sviluppo umano e sociale, o che riguardano anche il rischio di cronicità nel corso della vita. Le comunità subiscono l’effetto della violenza anche come perdita di coesione sociale. Alcune stime economiche mostrano come il costo di interventi per la prevenzione della violenza siano inferiori ai costi sopportati dalla società nel caso di assenza di questi interventi. Il lavoro che viene qui presentato affronta queste tematiche analizzando il problema da quattro diversi punti di vista: individuale, familiare, di comunità e sociale.
Innovation in mental health services:
what are the key components of success?
Brooks H, Pilgrim D, Rogers A
Implementation Science 2011, 6: 120. doi: 10.1186/1748-5908-6-120
Questo lavoro ha l’obiettivo di evidenziare i fattori che favoriscono o meno l’innovazione dei servizi di salute mentale all’interno del National health service (Nhs) britannico. Il lavoro che è stato condotto all’interno di 11 progetti innovativi della salute mentale ha messo in evidenza che le principali barriere all’innovazione includono la resistenza al cambiamento sia a livello di dirigenti apicali dei dipartimenti che a livello di management intermedio, la complessità dell’innovazione e la disponibilità e l’accesso alle risorse. Gli autori hanno quindi proposto un modello di innovazione che vede tra i suoi componenti la valutazione del contesto, dei processi e degli esiti.