Il quadro normativo per combattere l’illegalità nella Pubblica amministrazione e favorire la trasparenza

Leonardo Ferrante1, Massimo Brunetti2, Nerina Dirindin3

1Responsabile Scientifico, Riparte il Futuro; 2Direttore Sviluppo organizzativo, Ausl Modena; 3Dipartimento
di Scienze Economico-Sociali e Matematico-Statistiche, Università degli Studi di Torino e Presidente Coripe Piemonte


Riassunto. Il quadro normativo sul tema della trasparenza, della legalità e della corruzione nella Pubblica amministrazione ha iniziato un percorso di ammodernamento e innovazione ancora insufficiente ma sicuramente per molti aspetti rilevante, che coinvolge appieno anche il sistema di tutela della salute, sanitario e sociale, chiamato a rispondere più concretamente ai principi di trasparenza, correttezza, legalità e etica pubblica.
Gli strumenti al servizio di questo percorso sono la legge 190/2012 anticorruzione, che ha previsto la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, approvato l’11 settembre 2013 dalla Civit - Autorità nazionale anticorruzione, l’introduzione della figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione, e l’emanazione di un nuovo Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché il decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013 sulla trasparenza nella Pubblica amministrazione.

Classificazione JEL. D73, I18, K32.

Parole chiave. Corruzione, Pubblica amministrazione, trasparenza.


Abstract. The legal framework about transparency, legality and corruption in the Public administration started a really important modernization and innovation process – even if it is still not enough – that also involves the system protecting health, healthcare, and society. Such process will more concretely meet the transparency, fairness, legality and public ethic principles.
The tools used for this process are the Italian anti-corruption law 190/2012, that includes the creation of the Italian anti-corruption plan approved on 11th September 2013 by Civit – the national anticorruption authority, the introduction of a new profile, i.e. the Responsible for the corruption prevention, and the promulgation of a new Code of Conduct for those who work in the Public administration, and the Italian legislative decree no. 33 dated 14th March 2013 about transparency in the Public administration.

JEL classification. D73, I18, K32.

Key words. Corruption, Public administration, Transparency.

1. Il nuovo quadro normativo: anticorruzione, antimafia e trasparenza
Il quadro normativo sul tema della trasparenza, della legalità e della corruzione nella Pubblica Amministrazione (PA) ha iniziato un percorso di ammodernamento e innovazione ancora insufficiente ma sicuramente per molti aspetti rilevante.
Le carenze più volte sottolineate dagli organismi internazionali nei confronti del nostro paese sembrano destinate ad essere progressivamente superate. La strada da percorrere è ancora molto lunga, ma il percorso intrapreso va nella direzione auspicata.
Tutta la normativa coinvolge appieno anche il sistema di tutela della salute, sanitario e sociale, chiamato a rispondere più concretamente ai principi di trasparenza, correttezza, legalità, etica pubblica. Di seguito alcune considerazioni sintetiche sulla normativa e gli strumenti da adottare.
2. La legge 190/2012 anticorruzione
La legge del 6 novembre 2012, n. 190, “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione” ha inaugurato una stagione di riforme volte a rimuovere le inadeguatezze della precedente normativa sul lato sia del contrasto sia della prevenzione della corruzione. Con la norma si è gettato un sasso nello stagno della prassi della PA, certi che ancora molto resta da fare e che il processo normativo può dirsi tutt’altro che concluso.
La legge 190/2012 ha un’importanza anche culturale, perché tende a risvegliare dal torpore degli ultimi decenni una PA che ha applicato le norme spesso in modo burocratico, senza incidere sulla sostanza e alla radice dei problemi. Il rischio è che anche la nuova disciplina sia affrontata con un approccio meramente burocratico, fatto unicamente di procedure, pratiche, incartamenti, ruoli, anziché come un’opportunità di cambiamento.
La lotta alla corruzione ha invece bisogno di un ruolo proattivo e reattivo degli enti coinvolti: ciascuna PA deve dotarsi delle misure necessarie, ma deve anche mettere in campo un surplus di impegno all’insegna dell’integrità.
La legge 190/2012 è una norma complessa e composita: investe una pluralità di enti e amministrazioni, prevede numerosi documenti attuativi, contiene una delega al governo, incide su un tema di rilevante importanza per la crescita e la democrazia del nostro paese.
Nei siti web istituzionali del governo, dei ministeri e degli altri enti competenti sono rintracciabili documenti di approfondimento e atti normativi sull’argomento1.
La legge 190/2012 affronta alcuni temi fondamentali:
• individua nella Civit (Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche) l’Autorità nazionale anticorruzione;
• detta misure volte alla trasparenza dell’attività amministrativa, compresa l’attività relativa agli appalti pubblici e l’attribuzione di posizioni dirigenziali oltre a misure per l’assolvimento di obblighi informativi ai cittadini;
• introduce la figura del Responsabile della prevenzione della corruzione;
• prevede una stringente disciplina delle incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici, e stabilisce la definizione di un codice di comportamento dei pubblici dipendenti;
• delega il governo all’adozione di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne definitive per delitti non colposi;
• prevede la tutela del pubblico dipendente, che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro;
• elenca le attività d’impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa e istituisce presso ogni prefettura l’elenco dei fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa;
• modifica il catalogo dei reati alla cui condanna consegue, per l’appaltatore, la risoluzione del contratto con una PA;
• rende più incisivo il giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti del dipendente pubblico, che ha causato un danno all’immagine della PA.

In generale, l’intenzione del legislatore è orientare il contrasto alla corruzione attraverso un sistema che guarda più alla prevenzione che alla repressione.
Merita attenzione un elemento particolarmente innovativo, introdotto dalla legge 190/2012 in linea con le raccomandazioni internazionali rivolte all’Italia da parte di diversi organismi (in ultimo l’Ocse2): la tutela del dipendente che segnala comportamenti illeciti, il cosiddetto whistleblowing. La traduzione letterale di whistleblowing è ‘suonatore di fischietto’, ma è possibile rendere in italiano il concetto con l’espressione ‘vedetta civica’.
Il pubblico dipendente, che denuncia illeciti di cui sia venuto a conoscenza, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, al di fuori dei casi di calunnia o diffamazione. La legge non precisa il come, ossia le procedure da adottare per garantire pienamente questo istituto, ma ciò non toglie che tale ruolo possa essere svolto anche dai singoli enti.
Un sistema così complesso ha bisogno di operatori della salute preparati e di cittadini informati. Per questo è fondamentale attivare percorsi formativi multitarget, in linea con la complessità della situazione. Obiettivo primario, da non dimenticare, è l’integrità, non già la soddisfazione di un surplus di burocrazia. La stessa norma 190/2012 prevede la predisposizione di percorsi formativi, i quali possono garantire il doppio livello, proattivo e reattivo, della prevenzione della corruzione.
Il cuore della legge sta nella predisposizione del Piano nazionale anticorruzione (Pna) e, in ogni ente pubblico, dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, oltre che nell’introduzione della figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione. Su tali temi qualche breve approfondimento di seguito.
2.1. Il Piano nazionale anticorruzione
Nel luglio 2013 il Dipartimento della Funzione pubblica ha predisposto il Piano nazionale anticorruzione (Pna), approvato l’11 settembre 2013 dalla Civit - Autorità nazionale anticorruzione.  Il Pna permette di disporre di un quadro unitario e strategico di programmazione delle attività per prevenire e contrastare la corruzione nel settore pubblico e crea le premesse perché le amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione e, di conseguenza, predisporre gli strumenti previsti dalla legge 190.
Il Piano offre una definizione ampia del termine ‘corruzione’, nel tentativo di ricomprendere in esso realtà difficilmente ascrivibili a quelle previste nel Codice penale vigente.  Il Piano sottolinea che poiché la corruzione è divenuta “fenomeno burocratico/pulviscolare, fenomeno politico-amministrativo-sistemico”… la risposta  non può essere di soli puntuali, limitati, interventi – circoscritti, per di più, a singole norme del Codice penale – ma deve essere articolata e anch’essa sistemica” (Corte dei Conti, 2012). A tale scopo, il Piano è incentrato sulle possibili azioni di prevenzione della corruzione. In particolare:
• ridurre le opportunità che si manifestino casi di corruzione;
• aumentare la capacità di scoprire casi di corruzione;
• creare un contesto sfavorevole alla corruzione.

Il piano  dettaglia i ruoli, le funzioni, le responsabilità di tutti i soggetti che, a vario titolo, svolgono il loro lavoro all’interno dell’Azienda pubblica, soffermandosi in modo particolare sulle funzioni dei Responsabili anticorruzione e dei livelli dirigenziali. Nel Piano si trovano indicazioni per la redazione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione e dei Piani per la trasparenza e l’integrità.
Il lavoro e l’attenzione richiesti ad ogni singola Azienda nell’adempimento della legge 190/2012 possono trasformarsi in reali opportunità per mettere in luce quanto di poco trasparente esiste oggi nelle strutture dedicate alla tutela della salute dei cittadini. L’impegno di molte realtà, come Illuminiamo la salute, è quello di supportare, in modo particolare attraverso momenti culturali e formativi dedicati, tutti gli attori coinvolti in questa sfida per la trasparenza delle nostre istituzioni. Le esperienze sul campo degli operatori potranno divenire vere e proprie richieste di eventuali modifiche al piano stesso e, più in generale, alla normativa anticorruzione. Questo al fine di dotarsi di una disciplina quanto più possibile efficace e aderente alla realtà di chi si ritrova a contrastare il fenomeno.
2.2. Il Responsabile della prevenzione della corruzione
L’introduzione, in tutte le PA, di un responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è una buona occasione per i singoli enti per affrontare il problema dell’illegalità in senso proattivo e per dotarsi di un’adeguata organizzazione e con più risorse.
La legge affida al Responsabile della prevenzione compiti piuttosto impegnativi e delicati:
• elabora la proposta di Piano triennale di prevenzione della corruzione;
• verifica l’attuazione del Piano e ne propone modifiche in caso di accertamento di significative violazioni o di mutamenti dell’organizzazione (art. 1, c. 10, lett. a);
• individua il personale da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell’etica e della legalità (art. 1, c. 10, lett. c);
• definisce le procedure per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione (art. 1, c. 8);
• verifica, d’intesa con il dirigente competente, l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione (art. 1, c. 10, lett. b);
• svolge, di norma, le funzioni di Responsabile per la trasparenza.

A fronte di tali compiti, la legge prevede rilevanti responsabilità in caso di inadempienze nella predisposizione degli strumenti di cui sopra e al verificarsi di fenomeni di corruzione all’interno dell’ente. In particolare, nel caso in cui all’interno dell’amministrazione sia accertato con sentenza passata in giudicato un reato di corruzione, il Responsabile della prevenzione della corruzione risponde per omesso controllo sul piano disciplinare, oltre che per danno erariale e all’immagine dell’ente. Il dirigente non risponde per il reato commesso, qualora dimostri di avere predisposto – prima che il fatto venisse commesso – il Piano per la prevenzione della corruzione,  di aver vigilato sull’idoneità, il funzionamento e l’osservanza dello stesso (art. 1, c. 12).
Un limite alla figura del Responsabile riguarda la concentrazione di responsabilità in un solo soggetto interno alle amministrazioni. Il Dirigente anticorruzione paga (e paga per tutti), ma agisce da solo3.
2.3. Il nuovo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici
La legge 190/2012 ha previsto (art. 1, c. 44) l’emanazione di un nuovo Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni4; l’obiettivo dichiarato è contribuire ad assicurare qualità dei servizi, prevenzione dei fenomeni di corruzione, rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico.
Il nuovo Codice di comportamento è stato emanato con decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2013, n. 62 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
Il Codice definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare. Tali norme sono integrate dai codici di comportamento che saranno adottati dalle singole amministrazioni.
L’art. 3 del Codice di comportamento indica i principi generali cui il dipendente pubblico deve attenersi: un insieme di regole che, se adottate come base dell’azione quotidiana, sarebbero più che sufficienti a prevenire ogni forma di illegalità e opacità.
Essi sono raggruppati in sei punti, di seguito sintetizzati.
Il dipendente osserva la Costituzione, conforma la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, svolge i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.
Il dipendente rispetta i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.
Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli interessi o all’immagine della PA.
Il dipendente esercita i propri compiti orientando l’azione amministrativa alla massima economicità, efficienza ed efficacia.
Nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente assicura la piena parità di trattamento a parità di condizioni, astenendosi da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sui destinatari o che comportino discriminazioni.
Il dipendente dimostra la massima disponibilità e collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni.
Rilevante la richiesta da parte del legislatore di rendere espliciti i potenziali conflitti di interesse che ogni dipendente può avere quando partecipa a enti e associazioni che svolgono la stessa attività della PA in cui opera.
Altro elemento importante riguarda lo svolgimento di incarichi esterni da parte di dirigenti e il loro possibile coinvolgimento negli interessi di stakeholder esterni alla PA.
Si tratta di aspetti particolarmente rilevanti per il settore sanitario, data la frequenza con la quale si presentano casi di incarichi esterni.
Un aspetto particolarmente innovativo del nuovo Codice di comportamento è la previsione di pratiche sanzionatorie, indispensabili per l’efficacia dello stesso (art. 16).
Il Codice è redatto in modo semplice e facilmente comprensibile, a vantaggio della fruibilità dello stesso da parte di tutta la cittadinanza. Le norme sono ampiamente condivisibili, anche se tali elementi non sono sufficienti per farne un documento capace di impattare sicuramente sui comportamenti quotidiani dei dipendenti pubblici.
3. La rivoluzione della trasparenza: il d.lgs. 33/2013
La rivoluzione in materia di trasparenza è contenuta nel d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, adottato in attuazione della legge 190/2012.
L’aspetto più innovativo contenuto nella disciplina è il ‘diritto alla trasparenza’.
La logica della trasparenza è molto semplice: porre un faro in una situazione oscura serve sia a illuminare ciò che si trova in quel punto, sia a prevenire comportamenti scorretti che possono verificarsi in quel contesto.
La trasparenza va intesa come ‘accessibilità totale alle informazioni’ concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Si tratta di una nozione di trasparenza ancora in divenire, che va ben oltre il semplice diritto all’accesso agli atti amministrativi e che ha un fondamento costituzionale nella misura in cui costituisce un livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, c. II, lett. m), della Costituzione.



Di seguito è riportata qualche sintetica considerazione con riguardo alle modalità attraverso le quali le amministrazioni pubbliche possono procedere alla pubblicazione dei dati.
• Che cosa sono tenute a pubblicare le PA?
Le amministrazioni pubbliche sono tenute a pubblicare tutto (o quasi tutto) quel che riguarda l’organizzazione, i processi, i costi (curricula, stipendi, incarichi e tutti i dati relativi al personale dirigenziale; bandi di concorso; atti dei procedimenti e procedure seguite; budget preventivo e consuntivo, etc). Tutti i dati devono essere pubblicati tempestivamente e aggiornati costantemente, in modo facilmente fruibile, immediatamente comprensibile, conforme ai documenti originali.
• Dove pubblicare le informazioni?
L’elemento innovativo è l’utilizzo del web come strumento di conoscenza e velocizzazione. I portali online di tutte le PA devono prevedere una pagina esplicitamente intitolata ‘Amministrazione trasparente’.
• Come e in che formato pubblicare?
La vera rivoluzione del d.lgs. 33/2013 è la pubblicazione dei dati in formato aperto e riutilizzabile. Ciò significa che i dati devono essere forniti liberi da restrizioni legali per l’utilizzo e non controllati e definiti da interessi privati (sono, ad esempio, formati aperti i file TXT, XML, CSV5). Deve esserne resa pubblica, mediante esaustiva documentazione, la sintassi, la semantica, il contesto operativo e le modalità di utilizzo. Ma non basta: il dato deve essere anche indicizzabile, ovvero deve essere possibile estrapolarlo e rielaborarlo autonomamente, nei limiti di legge, e fruirne gratuitamente.
• In che modo pubblicare? Seguendo quali parametri?
Il decreto prevede molto opportunamente la standardizzazione dei dati: le pubbliche amministrazioni devono pubblicare i dati secondo un unico standard (indicato nell’ormai noto ‘Allegato A’). Ciò garantisce la comparabilità dei dati e concretizzazione del diritto di sapere.

Un ulteriore istituto innovativo previsto dall’art. 5 del d.lgs. 33/2013 è ‘l’Accesso civico’, un nuovo diritto di cittadinanza attuativo del diritto alla trasparenza. Tale diritto si fonda sul principio della totale accessibilità delle informazioni, quel ‘right to know’ di tradizione anglosassone che nelle situazioni avanzate rende non più necessario per i cittadini avere una giusta causa per accedere agli atti pubblici, salvo i casi espressamente esclusi dalla legge per motivi di privacy. In tali casi si parla di FOIA, ossia di ‘Freedom of information act’.
In Italia non è ancora certa la garanzia di questa totale accessibilità e rimangono alcune ambiguità normative. Il modo più rapido per conoscere vizi e virtù di una disciplina giovane e innovativa è comunque applicarla e impegnarsi affinché sia applicata, premendo poi, politicamente e civicamente, affinché ne vengano rimosse le incongruenze.
4. Conclusioni
Concludendo, il quadro normativo così come si è sviluppato negli ultimi anni segna importanti passi avanti nella disciplina di aspetti rilevanti per la prevenzione e il contrasto dell’illegalità e della corruzione.
I diversi provvedimenti normativi sono profondamente intrecciati tra loro e la loro integrazione è comunque fondamentale per la sfida che la PA sta tentando di affrontare.
Nonostante l’insieme degli adempimenti normativi possa apparire a prima vista eccessivo e troppo oneroso, in realtà si tratta di una grande occasione per migliorare la performance complessiva del sistema.
Perché illegalità e corruzione non sono solo moralmente riprovevoli, ma anche costose e di ostacolo all’innovazione. È infatti risaputo che i processi amministrativi burocratici sono una delle condizioni favorenti l’illegalità e la corruzione6. Più trasparenza aumenta la probabilità di essere scoperti nell’illecito, aumenta i costi morali dei comportamenti illeciti e, quindi, ne scoraggia la pratica. Allo stesso modo, pubblicare dati di spesa e di costo non è una mera ‘concessione’ alla sete di informazioni di pochi, ma una pratica volta a ridurre inefficienze e a esaltare i comportamenti virtuosi.
La strada è lunga, ma è una buona strada.
Il percorso normativo va ultimato ma non possiamo attendere, perché il prezzo pagato all’illegalità rischia di compromettere l’intero sistema.

Conflitto di interessi
Nessuno
Autore per la corrispondenza
Leonardo Ferrante, leonardo.ferrante@gmail.com
Note
1Si veda, fra gli altri, www.governo.it, www.regioni.it, www.civit.it. Un prospetto riassuntivo degli adempimenti degli enti territoriali è scaricabile dal sito della Conferenza delle Regioni all’indirizzo http://www.regioni.it/cms/file/Image/upload/2013/prospetto 190 completo.pdf.
2Oecd, Integrity review of Italy, reinforcing public sector integrity, restoring trust for sustainable growth, Oecd public government governance reviews, 2013.
3Il d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, prevede invece che il soggetto sanzionato (l’azienda) sia una persona giuridica differente dalle persone fisiche (i vertici aziendali) che adottano il modello, che, a loro volta sono distinti dall’Organismo di vigilanza, che può essere anche formato da soggetti estranei all’azienda.
4La legge 190/2012 modifica l’art. 54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, a norma del quale è emanato il Codice di comportamento.
5Per maggiori informazioni sui dati aperti per le PA si veda http://www.digitpa.gov.it/formati-aperti.
6Si veda, a tal proposito, per un approfondimento specifico sulla realtà italiana il Rapporto sulla trasparenza nelle amministrazioni pubbliche redatto da Cittadinanzattiva in partnership con Fondazione Etica, dicembre 2012. Disponibile al sito: www.cittadinanzattiva.it.