Cambiamenti climatici e salute: gli interventi di adattamento e di mitigazione

Paola Michelozzi

Dipartimento di Epidemiologia Regionale, Regione Lazio
Introduzione
Nel mondo scientifico non esistono più dubbi sulla correlazione tra riscaldamento globale e concentrazioni atmosferiche di gas serra, che sono aumentate del 30% dall’inizio della rivoluzione industriale ad oggi. Secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel of Climate Change (Ipcc, 2007a) le emissioni di gas serra prodotte da attività umane stanno crescendo ad un ritmo annuo compreso tra lo 0,5% e l’1% e, in base a questo andamento, si prevede che l’aumento della temperatura media sarà di circa 4 gradi rispetto ai livelli attuali entro il 2100. Gli effetti attesi sulla salute, in particolare quelli dovuti al progressivo riscaldamento del pianeta, sono tra i problemi sanitari più rilevanti che dovranno essere affrontati nei prossimi decenni (Who, 2003). I dati sugli andamenti delle temperature osservate ed i risultati degli studi epidemiologici sull’impatto sulla salute dimostrano che i cambiamenti climatici sono già in atto e stanno contribuendo al carico globale di malattie e decessi prematuri (Patz e Kovats, 2002). Valutazioni sull’impatto dell’ondata di calore del 2003 in Europa hanno stimato più di 70.000 morti in eccesso in 12 paesi europei, con effetti maggiori registrati in Francia, Germania, Spagna e Italia (Unep, 2004; Robine et al, 2008). Durante l’estate 2010 la Federazione Russa è stata interessata da un’ondata di calore di forte intensità con temperature di 4-8 °C superiori ai valori di riferimento mai registrate nei precedenti novant’anni; contemporaneamente si sono sviluppati oltre 26.000 focolai di incendio che hanno interessato oltre 800.000 ettari in 22 regioni e hanno prodotto emissioni che si sono estese per centinaia di chilometri. La valutazione dell’impatto sulla salute è ancora in corso, ma alcune fonti internazionali parlano di decine di migliaia di decessi in eccesso. Secondo una dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della meteorologia (Wmo) alcuni fenomeni verificatisi nell’estate del 2010 (l’ondata di calore e gli incendi in Russia, le inondazioni in Pakistan, l’esteso iceberg in Groenlandia) rappresentano l’evidenza di eventi meteorologici estremi associati al riscaldamento globale.
Gli interventi di prevenzione
Se gli effetti dei cambiamenti climatici sono già in atto, le risposte per contrastarli sono invece in grave ritardo (McMichael et al, 2008; Forastiere, 2010).
Gli interventi di prevenzione secondaria e terziaria o ‘adattamento’ sono quelli identificati per rispondere agli effetti dei cambiamenti climatici e ridurre i danni alla salute nell’immediato. La prevenzione primaria o ‘mitigazione’ è invece costituita dalle politiche da mettere in atto per rallentare, stabilizzare o invertire i cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas serra.
Il 12 marzo 2010 ministri e rappresentanti dei 53 Stati membri della Regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) hanno siglato la Dichiarazione di Parma, con cui i paesi si impegnano a ridurre entro i prossimi 10 anni l’impatto dell’ambiente, in particolare dei rischi derivanti da cambiamenti climatici e inquinamento, sulla salute. Secondo tale documento dovranno essere compiute azioni concrete per affrontare i rischi per la salute dei bambini, per contrastare le diseguaglianze socioeconomiche nella sanità (amplificate dalla crisi finanziaria) e per promuovere investimenti in tecnologie sostenibili e programmi educativi.
Nel riquadro a pag 31 sono sintetizzati gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute umana secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovermental panel on climate change (Ipcc, 2007b), che riporta una valutazione complessiva sulla base della revisione di oltre 500 articoli scientifici che hanno analizzato gli effetti associati a diversi fattori ambientali (esposizione a caldo e freddo, uragani, inondazioni, inquinanti atmosferici, allergeni, radiazioni ultraviolette, malattie trasmesse da vettori, malattie infettive). È chiaro che i fattori climatici e la salute umana sono strettamente interconnessi attraverso vari e complessi meccanismi. Le politiche sanitarie per contrastare gli effetti a breve e lungo termine dovranno riguardare ambiti diversi; la risposta dovrà integrare le politiche sanitarie con quelle energetiche, produttive e di tutela dell’ambiente e del territorio. I rischi legati ai cambiamenti climatici pongono una nuova sfida che richiederà risposte nuove, con strategie che includano risposte sia di mitigazione sia di adattamento, supportate da un adeguato livello di sviluppo tecnologico e di ricerca, con azioni che coinvolgano tutti i livelli, dai singoli cittadini ai governi nazionali alle organizzazioni internazionali.



La situazione in Italia
In Italia sono disponibili dati sugli effetti sulla mortalità e incidenza di malattie associate ad esposizione ambientale derivanti dai cambiamenti climatici (caldo, freddo, inquinamento atmosferico, allergeni) (Apat, 2007), ma sono carenti studi di impatto sulla salute della popolazione in termini di morti attribuibili e di anni di vita persi (Baccini et al, 2011).
Il Sistema nazionale di allarme per la previsione delle ondate di calore attivo in Italia dal 2004 in 27 città italiane rappresenta un esempio di intervento di adattamento per la prevenzione degli effetti delle ondate di calore (Kovats e Ebi, 2006; Michelozzi et al, 2010). È possibile oggi mettere le popolazioni in condizioni di adattarsi ai cambiamenti climatici per ridurre l’impatto negativo immediato, attraverso una serie di azioni concrete come l’implementazione di sistemi di previsione e allarme per le ondate di calore e le inondazioni e gli interventi sociali e sanitari per proteggere i sottogruppi a rischio elevato (Michelozzi et al, 2010). Nell’ambito del piano operativo nazionale per la prevenzione degli effetti delle ondate di calore il Ministero della salute ha proposto linee guida di intervento che sono state recepite da Regioni e Comuni per la definizione di piani di prevenzione a livello locale (Michelozzi et al, 2010). Tuttavia studi di valutazione dei costi e dell’efficacia degli interventi messi in atto sono a tutt’oggi molto limitati nel nostro paese, ma anche nel contesto internazionale (Bassil e Cole, 2010)
Le politiche di mitigazione: costi e benefici
Per quanto riguarda le politiche di mitigazione, il Lancet ha dedicato la serie Health and climate change a questo tema (The Lancet Series, 2009), sottolineando come alcuni interventi, in aggiunta all’atteso effetto di riduzione delle emissioni di gas serra, potrebbero avere effetti positivi immediati in termini di guadagno in salute. Attraverso un’analisi degli scenari al 2030 rispetto al 2010, sono stati valutati gli effetti sulla salute di misure di mitigazione introdotte in quattro settori che contribuiscono fortemente alle emissioni di gas serra (energetico, dei trasporti, domestico, alimentare). Utilizzando dati reali di popolazione relativi a esposizioni ed esiti sanitari e mettendo a confronto paesi ad alto e basso reddito è stato evidenziato come l’introduzione di politiche di mitigazione in questi 4 settori avrebbe come effetto benefici immediati e a lungo termine in termini di guadagno di salute riducendo le emissioni di CO 2 e quindi i rischi associati al riscaldamento globale (vedi riquadro a pag. 32) (Clementi e Terracini, 2009).
Come dimostrano questi studi (The Lancet Series, 2009), gli epidemiologi e gli operatori della sanità pubblica possono essere di supporto per identificare interventi di mitigazione da attuare anche in settori diversi da quelli della salute. Dal punto di vista economico è chiaro che i costi per l’implementazione delle misure di mitigazione sarebbero in parte controbilanciati dai benefici anche immediati in termini di riduzione della mortalità e della morbosità associata a diversi fattori di rischio ambientale.



La mitigazione può realizzarsi solo attraverso uno sforzo collettivo, a livello di singoli cittadini nel modificare i propri stili di vita, per esempio attraverso l’incremento del trasporto attivo e la riduzione del consumo di prodotti di origine animale, ed a livello di governi e istituzioni nell’avviare una svolta a livello politico nell’investimento di risorse nel campo delle energie rinnovabili e del miglioramento dell’efficienza energetica. È quindi necessario che questi sforzi siano supportati da programmi di ricerca e sviluppo anche in ambito nazionale. Un ruolo rilevante deve essere svolto dalla comunità scientifica e dagli operatori sanitari, che hanno il compito di definire proposte di politica sanitaria, di informare la popolazione generale su comportamenti e stili di vita da modificare, e di produrre evidenze per i decisori politici sugli interventi di mitigazione da adottare in diversi settori e sulla loro efficacia.
Gli studi disponibili suggeriscono che, anche qualora gli obiettivi di riduzione delle emissioni globali venissero raggiunti, misure di adattamento saranno necessarie sia nel breve che nel lungo termine. In generale, azioni mirate ad uno sviluppo sostenibile possono incrementare l’efficacia degli sforzi di mitigazione e adattamento verso i futuri cambiamenti climatici, anche se comportano costi per superare eventuali barriere di implementazione.
Nella maggior parte dei settori le strategie di mitigazione sono guidate da criteri di efficienza energetica ed utilizzo di risorse rinnovabili, che sono anche i criteri guida di uno sviluppo sostenibile.
Nel settore alimentare, una riduzione dei consumi dei prodotti di origine animale insieme a miglioramenti tecnologici nel settore agricolo e zootecnico (per esempio, efficienza degli allevamenti, cattura del carbonio attraverso l’uso del territorio) potrebbe avere un’importante ricaduta nel ridurre la mortalità per malattie ischemiche cardiache. Il sistema alimentare è causa dei cambiamenti climatici (contribuisce alle emissioni di CO2) e allo stesso tempo ne subisce gli effetti (da un lato l’aumento della siccità e dall’altro le inondazioni ridurranno la qualità e la disponibilità di cibo). Si tratta inoltre di un esempio di misure di mitigazione con benefici immediati per la salute dei paesi che mettono in atto tali interventi e con benefici a lungo termine anche per lo sviluppo e per la salute di popolazioni residenti nelle aree più povere.
Le informazioni quantitative sui costi e sui benefici economici globali dell’adattamento sono attualmente ancora molto limitate. Molti studi indicano, tuttavia, che i benefici derivanti dall’attuazione di tali misure supereranno i costi. Nel 2006 è stato pubblicato il rapporto dell’economista britannico Nicholas Stern commissionato dal Ministero delle finanze britannico al fine di analizzare da un punto di vista economico l’impatto dei cambiamenti climatici ed i costi da sostenere per la mitigazione e l’adattamento (Stern, 2006). Secondo il Rapporto Stern a causa delle condizioni ambientali, dei bassi redditi e della maggiore dipendenza dai settori più sensibili al clima come l’agricoltura, gli impatti del cambiamento climatico per i paesi poveri ed in via di sviluppo saranno proporzionalmente più grandi e la loro capacità di adattarsi molto più piccola di quella dei paesi economicamente più sviluppati. Gli effetti sulla salute dei cambiamenti climatici non saranno quindi distribuiti in modo omogeneo tra le popolazioni della terra, ma i cambiamenti del clima causati dalle emissioni di gas serra prodotte dai paesi più ricchi avranno conseguenze più gravi sulla salute delle popolazioni dei paesi più poveri.
Le perdite globali provocate dai disastri naturali derivanti dagli eventi estremi rappresentano oggi la maggiore percentuale di perdita di Pil nei paesi in via di sviluppo. Tenendo conto solo della possibilità di eventi catastrofici, il Rapporto Stern stima una perdita media globale di benessere equivalente a circa il 5% del consumo pro capite.
Le emissioni di CO2 pro capite sono fortemente correlate con il Pil pro capite. L’America del Nord e l’Europa producono oggi circa il 70% delle emissioni, mentre i paesi in via di sviluppo sono responsabili di circa un quarto delle emissioni totali. Tuttavia è atteso che la maggior parte delle emissioni future sarà prodotta dai paesi in via di sviluppo a causa della rapida crescita della popolazione, dello sviluppo del Pil che supera quello dei paesi sviluppati e dell’aumento delle industrie ad alta intensità energetica. Secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia si stima che i paesi non-Annex I del Protocollo di Kyoto potrebbero essere responsabili di oltre tre quarti dell’aumento delle emissioni energetiche di CO 2 fra il 2004 e il 2030 (Olivier et al, 2006).
Per quanto riguarda i costi legati alla mitigazione, cioè alla riduzione delle emissioni di CO2, per i paesi industrializzati una prima approssimazione del costo totale di riduzione delle emissioni si può  ottenere tenendo conto del probabile costo di sostituzione di un insieme di tecnologie e di produzioni che saranno probabilmente in grado di realizzare quelle riduzioni. Le stime indicano che il valore medio del costo globale annuo della stabilizzazione dei gas serra ai livelli di 500-550 ppm CO2eq potrebbe essere pari a circa l’1% del Pil entro il 2050 (Stern, 2006). Naturalmente, migliore sarà la politica climatica adottata dai governi, minore sarà il costo della mitigazione. Senza un’azione di mitigazione ben progettata, tempestiva e globale, i costi dell’attenuazione delle emissioni saranno maggiori di quanto stimato.
Conclusioni
La ricerca sugli impatti dei cambiamenti climatici attesi e sugli interventi di adattamento e politiche di mitigazione va potenziata affinché si possa arrivare ad orientare i decisori politici verso l’adozione di politiche di mitigazione efficaci nel ridurre le emissioni con importanti effetti positivi su priorità sanitarie globali come la riduzione della mortalità infantile.
Oltre agli sforzi e agli investimenti dei singoli governi nazionali, resta l’urgenza di un’azione forte e coordinata della comunità politica internazionale per ridurre il contributo antropico ai cambiamenti climatici attraverso un accordo post-Kyoto che stabilisca impegni precisi, vincolanti e condivisi da parte dei diversi paesi su come raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni globali.
Bibliografia
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