La tutela della salute nel campo dei cosmetici: le novità del Regolamento CE 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009
Giorgia Guerra
Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali, Università di Padova

Riassunto. Il nuovo Regolamento europeo in materia di cosmetici è divenuto un vero e proprio modello non solo all’interno della stessa Unione europea, ma anche per molti altri paesi extraeuropei (Stati Uniti, Giappone, etc), proprio per le elevate soglie di tutela della salute predisposte, per l’intento di prendere in considerazione e gestire i nuovi processi tecnologici e scientifici implicati nella produzione di cosmetici avanzati (per esempio, i nanomateriali) e, non ultimo, per il nuovo modello di gestione del rischio adottato con la previsione della figura della persona responsabile .
Parole chiave. Regolamentazione dei cosmetici, responsabile del procedimento, risk management, soft law, tutela della salute.

Abstract. The European regulation on cosmetic products has become a regulatory model not only in the European union but also in other extra European countries (Usa, Japan, and so on), as it defines high safety standards and aims at using and managing new scientific and technological processes involved in the production of modern cosmetics (i.e., nanomaterials). Lastly, it provides a new risk management model based on the establishment of the responsible person.
Key words. Cosmetic regulation, health protection, responsible person, risk assessment, soft law.

1. Il quadro regolatorio in materia di cosmetici
Al pari di quanto avviene per i prodotti farmaceutici e alimentari, i cosmetici rappresentano una categoria di prodotti assai variegata al loro interno. Creme, gel, oli per la pelle, maschere di bellezza, talco, saponi per bagni, preparazioni per docce, deodoranti, tinture, prodotti solari sono solo alcuni esempi1.
Anche la normativa che disciplina la loro produzione e sicurezza impatta in maniera rilevante sulla tutela della salute umana. E ciò è ancor più evidente a seguito dell’introduzione di materiali innovativi (per esempio, i nanomateriali) e di nuove tecniche di produzione, poiché hanno indotto la revisione degli obiettivi al fine di garantire il medesimo elevato livello di tutela della salute umana, come previsto dall’art. 169 TFUE.
Il primo intervento europeo in materia è stato introdotto il 27 luglio 1976 con la direttiva 76/768/CEE del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici2. Riflettendo l’approccio di armonizzazione minima, caratterizzante in quegli anni l’attività dell’Unione europea, la direttiva ha avuto lo scopo di introdurre una regolamentazione “essenziale ed appena sufficiente ad eliminare quelle differenze che possono rendere troppo distanti le soluzioni tra paese e paese, differenze che si traducono in una disparità di trattamento tra le imprese a seconda del luogo ove operano o dove hanno la sede, fattore questo che contrasta fin troppo evidentemente con gli obiettivi di un mercato unico” 3.
Le legislazioni nazionali applicabili ai prodotti cosmetici sono state, quindi, armonizzate allo scopo di facilitare la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno dell’Unione europea (Ue). La direttiva stabiliva regole concernenti la composizione, l’etichettatura e l’imballaggio dei prodotti cosmetici. Inoltre, instaurava un regime volto a vietare gli esperimenti sugli animali e la commercializzazione dei prodotti che ne facevano impiego. La libera circolazione dei prodotti cosmetici nel mercato europeo non poteva, infatti, essere limitata o vietata dagli Stati membri se tali prodotti non presentavano pericoli per la salute umana in condizioni normali o prevedibili di uso.
In caso contrario, se un prodotto cosmetico conforme alla direttiva metteva comunque in pericolo la salute umana, lo Stato membro sul cui territorio il prodotto era messo in commercio poteva adottare misure di divieto e limitazione.
La direttiva, in vigore fino al 10 luglio 2013, ha subito diverse e sostanziali modificazioni (7 modifiche e più di 50 adattamenti)4, fino ad essere sostituita dal Regolamento 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 sui prodotti cosmetici5, oggetto di analisi nei successivi paragrafi.
Dopo 34 anni il testo è stato quindi sostituito. E non solo il testo. La prima evidente differenza consiste nello strumento utilizzato: un Regolamento.
La differenza nella tecnica regolatoria riflette, in primis, il mutamento degli obiettivi europei. Come infatti evidente, per gran parte della regolamentazione europea in materia di diritto dei consumatori negli anni più recenti si è attuato il proposito di abbandonare l’approccio di armonizzazione minima in favore dell’opposto principio di armonizzazione massima. Ciò significa, in pratica, che il regolamento è volto a fissare livelli di tutela uniformi, non incrementabili dalla politica nazionale. L’auspicio è che questo diverso approccio riduca al minimo le divergenze delle norme in materia di tutela dei consumatori sul territorio Ue, evitando la frammentazione del mercato interno a scapito dei consumatori e delle imprese 6.
2. Il Regolamento CE 1223/2009
L’attuale Regolamento rappresenta la naturale evoluzione della normativa europea sui cosmetici, che negli scorsi anni ha fornito le regole per assicurare la sicurezza dei prodotti e del consumatore. Se già la Direttiva è stata considerata una normativa completa, tanto da essere stata presa quale esempio da altri paesi come gli Usa7, la maggioranza dei paesi del Sudamerica (per esempio, Brasile, Argentina, Cile), gli Stati dell’Asean (per esempio, Singapore, Malaysia, Vietnam, Filippine, Indonesia, etc)8, l’Arabia Saudita, il Sudafrica, la Turchia, etc, il Regolamento ha compiuto un ulteriore significativo passo in avanti in questo senso.
Come ricordato, a cambiare è prima di tutto la modalità della legge stessa, e quindi gli effetti. Di regola, infatti, le direttive non vengono adottate al momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ma devono essere recepite dai singoli Stati membri entro una data prestabilita (nel farlo, un paese può anche apportare modifiche al testo, che però non devono ostacolare la libera circolazione delle merci).
Il Regolamento, invece, ha applicazione immediata e vincolante per tutti gli Stati membri. Il secondo considerando del Regolamento chiarisce, infatti, che tale strumento giuridico “prevede norme chiare e dettagliate, che non lasciano spazio a divergenze nel recepimento da parte degli Stati membri... e garantisce inoltre che le prescrizioni giuridiche siano attuate contemporaneamente in tutta la Comunità”.
I pilastri fondamentali della regolazione dei cosmetici rimangono9:
a. un’ampia definizione di cosmetico, che non ammette una categoria intermedia tra cosmetico e farmaco;
b. un sistema di controllo in-market da parte degli Stati membri;
c. la responsabilità della persona che immette il cosmetico sul mercato dell’Unione europea per quanto concerne la conformità ai disposti di legge;
d. un sistema che disciplina specifici ingredienti attraverso liste positive e negative.

Cambiano e migliorano, invece, molti altri aspetti: tra i principali, viene introdotto un set di definizioni; si armonizzano le procedure per il rispetto di alcuni requisiti (notifica claim, dossier, etc).
È importante prendere le mosse dal set di definizioni introdotto, per favorire una maggiore chiarezza e una certa uniformità all’interno dell’Unione europea. Le lettere a, b e c dell’art. 2 del Regolamento sui cosmetici forniscono le definizioni cardine per individuare quale prodotto possa essere o meno identificato come cosmetico:
“a. ‘prodotto cosmetico’: qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei;
b. ‘sostanza’: un elemento chimico e i suoi composti, allo stato naturale o ottenuti per mezzo di un procedimento di fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurità derivanti dal procedimento utilizzato, ma esclusi i solventi che possono essere separati senza compromettere la stabilità della sostanza o modificarne la composizione;
c. ‘miscela’: una miscela o una soluzione composta di due o più sostanze”.
Dalla definizione si deduce, quindi, che il prodotto cosmetico interagisce con i processi fisiologici o metabolici e non può essere iniettato, ingerito, impiantato. Sono esclusi molti cosmetici per auto o animali, le parrucche, i deodoranti per ambienti, i tatuaggi, i dispositivi medici e i prodotti che abbiano una finalità terapeutica.
3. La sicurezza dei cosmetici
Uno degli aspetti obbligatori per poter immettere sul mercato un cosmetico è garantirne la sicurezza nelle normali e ragionevoli condizioni d’uso, attraverso la valutazione e l’elaborazione dei dati scientifici relativi agli eventuali rischi da esso derivanti. Si tratta di una valutazione che coinvolge l’intero ciclo di vita del prodotto in tutte le sue fasi. Anche dopo l’immissione in commercio, infatti, attraverso un apposito sistema di cosmetovigilanza si instaura un costante feedback tra gli organi competenti (Ministero della salute, Asl, Nas, etc) e i produttori, a garanzia della sicurezza del cosmetico già presente sul mercato.
Il Regolamento ha istituito un modello di risk-regulation peculiare basato sulla previsione di una persona responsabile: la conformità dei prodotti alle disposizioni del Regolamento relativamente al rispetto degli obblighi di protezione della salute, di sicurezza e di informazione dei consumatori deve essere garantita da una Persona responsabile (Pr).
Tale soggetto garantisce che:
a. l’uso verosimile cui è destinato il prodotto cosmetico e l’esposizione sistemica anticipata ai singoli ingredienti in una formulazione finale siano presi in considerazione nella valutazione della sicurezza;
b. nella valutazione della sicurezza sia utilizzato un approccio adeguato basato sulla forza probante per rivedere i dati provenienti da tutte le fonti esistenti;
c. la relazione sulla sicurezza dei prodotti cosmetici sia aggiornata tenendo conto delle informazioni supplementari pertinenti disponibili successivamente all’immissione sul mercato del prodotto.

La valutazione di sicurezza dei prodotti cosmetici deve riferirsi alle condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili e, come indicato chiaramente dal Regolamento (CE) 1223/2009 (nel considerando n. 9), i rischi per la salute umana non dovrebbero mai essere giustificati da un’analisi rischio-beneficio. A questo scopo deve essere predisposta e disponibile per l’Autorità Competente dello Stato membro un’adeguata documentazione (dossier) contenente tutte le informazioni (nome, persona responsabile, paesi in cui è commercializzato e composizione per centri antiveleno) rilevanti per la valutazione della sicurezza del prodotto. Gli studi non clinici svolti per valutare la sicurezza di un prodotto cosmetico devono essere condotti attraverso l’uso di metodi alternativi alla sperimentazione animale in quanto il Regolamento vieta la realizzazione di sperimentazioni animali all’interno dell’Unione europea e l’immissione sul mercato europeo di prodotti finiti, ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati testati su animali 10.
Le persone responsabili accedono al Cosmetic product notification portal (Cpnp), il nuovo portale della Commissione europea per la notifica dei prodotti cosmetici11. L’obbligo di notifica del cosmetico che si vuole commercializzare è anch’esso in capo alla persona responsabile. La procedura seguita ha subito dei cambiamenti rispetto a quanto previsto dalla Direttiva: si passa infatti da un sistema di notifica che avveniva a livello nazionale, legittimando, quindi, 27 sistemi di notifica diversi, ad un sistema centralizzato a livello europeo.
Per quanto riguarda, invece, la tipologia di sostanze commercializzabili, gli allegati al Regolamento (CE) 1223/2009 riportano un elenco di sostanze il cui impiego è vietato (allegato II) o limitato (allegato III) nei prodotti cosmetici. Sono vietati, inoltre, alcuni coloranti (allegato IV), conservanti (allegato V) e filtri UV (allegato VI). Il Regolamento vieta l’impiego delle sostanze classificate come CMR (Cancerogene, mutagene, tossiche per la riproduzione) di categoria 1A e 1B (salvo casi eccezionali per quelle classificate in categoria 2). Le categorie si riferiscono a quanto previsto dal Regolamento (CE) 272/2008 in materia di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e preparati pericolosi (Classification, labelling and packaging, CLP) entrato in vigore a gennaio 2010.
4. Salute, cosmetici e processi tecnologici innovativi: nuove indicazioni
Tra i principali profili innovativi si devono annoverare, senza dubbio, le disposizioni relative all’impiego di nuove tecnologie di materiali. L’attenzione principale è rivolta all’introduzione di nanomateriali12. Secondo l’art. 2 lett. k) si definisce nanomateriale “ogni materiale insolubile o biopersistente e fabbricato intenzionalmente avente una o più dimensioni esterne, o una struttura interna, di misura da 1 a 100 nm”.
La definizione di nanomateriale non è solo importante di per se stessa. Infatti, il profilo cruciale è che, dalla comune definizione, derivano diverse conseguenze sugli standard di sicurezza applicabili13.
L’elevato livello di sicurezza deve essere mantenuto anche rispetto alla nano size, anch’essa parte del processo di valutazione (allegato 1). L’art. 13 del Regolamento richiede che l’uso di tale componente nei cosmetici sia oggetto di dichiarazione nella procedura generale di notifica (CPNP) e disciplina, inoltre, nello specifico altri profili strettamente connessi alla presentazione del cosmetico contenente nanomateriali sul mercato. Innanzitutto, l’art. 16 prevede che sei mesi prima dell’immissione in commercio avvenga la cosiddetta ‘nano-notifica’ per i prodotti contenenti nanomateriali non elencati negli allegati IV, V o VI e non elencati come nanoforme in allegato III. Anche durante la fase di vita del prodotto nel mercato, la presenza di nanomateriali diventa sempre conoscibile dal consumatore poiché vi è l’obbligo di specificarne la presenza nell’etichetta con la dicitura ‘nano’ (art. 19).
Naturalmente, come tipico dell’introduzione di tecnologie emergenti, i dubbi che caratterizzano questa fase sono molteplici. A titolo di esempio si pensi a: dubbi relativi al loro grado effettivo di sicurezza; dubbi in merito all’eventuale presenza di rischi cosiddetti ‘lungo latenti’; dubbi relativi alla loro chiara individuazione; nonché difficoltà di rappresentare la novità al consumatore.
In questa fase di assenza di linee guida della Commissione europea in materia, gioca un ruolo chiave l’attivismo delle industrie del settore espresso, principalmente attraverso le azioni del Cosmetic Europe, appunto l’associazione di categoria. L’ente, lavorando a stretto contatto con le istituzioni europee, ha lo scopo di preparare un contesto regolatorio e di supporto alla competitività delle industrie nel settore. Per questo, uno dei progetti principali consiste nel cosiddetto nano guidance package, ovvero nelle linee guida di compliance del Regolamento.
Si tratta, in altri termini, di misure cosiddette di soft law, che ricoprono al momento un’importanza fondamentale proprio perché intervengono ad interpretare e chiarire quanto richiesto dal Regolamento14.
5. Conclusioni
Il nuovo Regolamento europeo in materia di cosmetici si colloca in una fase in cui la tendenza dell’Unione europea è quella di cosiddetta armonizzazione massima o completa15 in base alla quale si lasciano minori possibilità di intervento specifico da parte dei singoli Stati membri, prediligendo, invece, il rispetto di una soglia uniforme ed elevata di tutela decisa in modo ‘centralizzato’ a livello europeo.
Tale atto è divenuto un vero e proprio modello non solo all’interno della stessa Unione europea, rispetto, quindi, alla necessità di adottare modelli di regolazione efficaci per altre categorie di prodotti destinati al consumatore, ma anche per molti altri paesi, proprio per le elevate soglie di tutela della salute predisposte, per l’intento di prendere in considerazione e gestire i nuovi processi tecnologici e scientifici implicati nella produzione di avanzati cosmetici e, non ultimo, per il modello di gestione del rischio nuovo, adottato attraverso la previsione della figura della persona responsabile.
Note
 1Si rinvia al sito: http://www.salute.­gov.it/portale/temi/­p2_6.­jsp?lingua=italiano&id=158&area=cosmetici&menu=caratteristiche.
 2In GU L 262, 27.9.1976, p 169.
 3In questi termini si esprime sul tema dell’armonizzazione delle regole Benacchio, 2013, p 22.
 4Per un elenco dei documenti che hanno modificato la direttiva e il testo consolidato della stessa si rinvia al sito: http://europa.eu/legislation_summaries/food_safety/animal_welfare/l21191_it.htm.
 5Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 22 dicembre 2009.
 6COM 2002/208def. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni, Strategia della politica dei consumatori 2002-2006.
 7Cfr Watnick, 2014.
 8Cfr Blaschke, 2005.
 9Così è spiegato dal direttore area tecnico-normativa Unipro, Luca Nava, durante Cosmofarmaexhibition del 4.05.2014 tenutasi a Roma. La presentazione è disponibile al seguente indirizzo:
http://www.cosmeticaitalia.it/home/it/documenti/centro_studi/Cosmofarma_2012_-_Nava.pdf
10La questione della sperimentazione dei cosmetici sugli animali ha sempre costituito un acceso dibattito in Europa. Fino a prima dell’11 marzo 2013, un nuovo ingrediente sviluppato nel campo della cosmesi poteva ancora venir sottoposto a test su animali, eseguiti in laboratori al di fuori dell’Ue (perché dal 2009 eseguire test su animali per gli ingredienti dei cosmetici all’interno dell’Ue è vietato). Questi test erano molto invasivi per gli animali, e sempre letali. Dopo l’11 marzo 2013, con il Regolamento 1223/2009, questi test sono stati eliminati. Vale a dire: in Europa non possono essere venduti prodotti che contengono ingredienti sviluppati appositamente per il campo della cosmesi che siano stati testati su animali, in qualunque parte del mondo. Naturalmente non diventano fuorilegge gli ingredienti testati ‘prima’ di questa data, che si possono ancora usare.
11https://webgate.ec.europa.eu/cpnp.
12Anche rispetto ad altre tipologie di prodotti è evidente la volontà di definire e regolamentare l’impiego di nanotecnologie. Si pensi, per esempio, al settore alimentare, laddove interviene il Regolamento n. 1363/2013/Ue, che modifica il regolamento (Ue) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori per quanto concerne la definizione di ‘nanomateriali ingegnerizzati’ ( GU L 343 del 19.12.2013). La nuova definizione di nanomateriale ingegnerizzato è: materiale prodotto intenzionalmente contenente particelle allo stato libero, aggregato o agglomerato dove, per almeno il 50% delle particelle nella distribuzione dimensionale numerica, una o più dimensioni esterne siano comprese nella classe di grandezza tra 1 nm e 100 nm. Nel settore food l’art. 18 del Regolamento n. 1169/2011/Ue dispone che tutti gli additivi utilizzati sotto forma di nanomateriali ingegnerizzati siano indicati nell’elenco degli ingredienti, facendo seguire il loro nome dalla dicitura ‘nano’ tra parentesi. Lo stesso Regolamento forniva la definizione di ‘nanomateriali ingegnerizzati’. La Raccomandazione 696/2011/Ue definisce i nanomateriali in base alle dimensioni delle particelle costituenti il materiale stesso; tale definizione è valida per materiali naturali e loro derivati nonché per materiali di sintesi e tiene conto della relazione di riferimento del Centro comune di ricerca della Commissione europea (Considerazioni su una definizione di nanomateriale a fini normativi), del parere del CSRSERI (Basi scientifiche per la definizione del termine nanomateriali) e della definizione di ‘nanomateriale’ adottata dall’ISO. La Commissione Ue ha inteso applicare tale definizione a tutta la pertinente legislazione dell’Unione, eventualmente adattandola in caso di esigenze specifiche di alcuni settori. Per approfondimenti vedi Ehnert, 2015.
13Il sedicesimo considerando sottolinea che, per quanto concerne i parametri di sicurezza e i documenti di soft law in materia, essi sono impiegati per assicurare che “safety of cosmetic products placed on the market, as standards should be produced according to good manufacturing practice” (sixteen whereas of the Reg. 1223/2009).
14In generale per un esame del ruolo della soft law nelle politiche della salute cfr Gree e Vanhercke, 2010.
15È noto che questa tendenza succede ad una fase contraria, definita di “armonizzazione minima, incentrata sulla definizione a livello europeo delle sole soglie minime di tutela”.
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