Salute e cibo: il compromesso di Lussemburgo in materia di organismi
geneticamente modificati
Giorgia Guerra
Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali, Università di Padova

Riassunto. Il 22 aprile 2015 la Commissione europea ha presentato la proposta di revisione delle regole procedurali per l’autorizzazione degli organismi geneticamente modificati (Ogm) in Europa. Tale revisione, che rispecchia gli orientamenti politici delineatisi nel luglio del 2014, propone di modificare la legislazione per consentire agli Stati membri di limitare o proibire, sul proprio territorio, l’uso di Ogm in alimenti o mangimi autorizzati a livello europeo. Le pagine che seguono propongono le principali novità in materia.
Parole chiave. Clausola di salvaguardia, diritto europeo, Ogm, sicurezza alimentare.

Abstract. On April 22, 2015, the European commission presented the new procedures for the authorization of the genetically modified organisms (Gmo) in Europe. Following the political agreements reached on July 2014, and according to the new procedure, member States can limit or ban within their territory the use of Gmo in food or seeds, even if they are authorized at the European level. The following pages explore these changes.
Key words. European law, Gmo, food safety, safeguard clause.

1. Introduzione
Da quando, negli anni Novanta, il tema degli organismi geneticamente modificati (Ogm) ha fatto la sua comparsa, ha assunto un rilievo sempre maggiore a livello planetario: dai 2 milioni di ettari coltivati nel 1996 si è passati ai 175 milioni nel 2013. Si conta un numero sempre crescente di applicazioni (dal mais al cotone alla soia). È un tema che si caratterizza per le discussioni etiche, prima che giuridiche, poiché solleva importanti contrasti di opinioni.
Molti inseriscono gli Ogm tra le minacce all’agricoltura e alla salute pubblica, identificando in essi la causa del potenziale rischio di perdita della biodiversità, il possibile cambiamento degli equilibri ecologici, le limitazioni allo sviluppo di un mercato concorrenziale, la possibile allergenicità o resistenza antibiotica di alimenti derivanti da essi o contenenti gli stessi.
Gli Stati che più esprimono questi dubbi, rimanendo quindi scettici di fronte alle promesse degli Ogm, sono per lo più Stati europei (Italia in prima linea).
Vi è invece chi sottolinea i loro vantaggi, tra cui il miglioramento delle specie vegetali (ad esempio, maggior resistenza a insetti, virus e pesticidi), la capacità di adattamento a climi molto diversificati, l’aumento della produttività in agricoltura, la riduzione dell’impatto sull’ambiente, la risposta ai problemi della food security1. La stessa dottrina considera molto imprecisa l’espressione “organismo geneticamente modificato”, usata sostanzialmente dai media, indicando che sarebbe più corretto parlare di “organismo transgenico”, in cui cioè alcuni geni vengono tagliati da un organismo e trasferiti a un altro attraverso tecnologie di ingegneria genetica. Le modifiche genetiche, infatti, avvengono costantemente in qualunque essere vivente, ma queste non rientrano nella definizione comunemente intesa.
Esistono due grandi linee di mutazioni introdotte nelle piante: una per ridurre l’utilizzo di insetticidi (le piante vengono dotate di un sistema di difesa contro i parassiti), l’altro per rendere i vegetali tolleranti ad un tipo di erbicida. Il risultato in entrambi i casi è stato un abbattimento dell’uso e della spesa di pesticidi a livello mondiale. E questo dato è ancor più significativo se si pensa che in testa alle preoccupazioni dei consumatori c’è l’uso di pesticidi nella produzione alimentare.
In ogni caso, lungi dal voler fornire un giudizio sugli Ogm, lo scopo principale di queste pagine è quello di inquadrare sinteticamente lo stato della questione da un punto di vista giuridico e con una prospettiva di diritto europeo2.
2. Il quadro regolatorio europeo su alimenti derivanti da “tecnologie di produzione non tradizionali” ante 2015
Se, utilizzando come chiave di lettura il concetto di ‘sicurezza alimentare’3, analizzassimo la regolamentazione degli alimenti che sono in qualche misura ottenuti con l’impiego delle nuove tecnologie, noteremmo immediatamente come, in alcuni ordinamenti, manchi una disciplina unitaria. È questo il caso europeo dove le tecnologie connesse all’ingegneria genetica sono disciplinate dai Regolamenti 1829 e 1830 del 2003, mentre tutte le altre tecnologie (chimica e biologia organiche, nanotecnologie, etc) sono regolate dal Regolamento 258/97 4.
Il Regolamento (CE) n. 258/975 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 1997 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari rappresenta il primo intervento attraverso cui si è provveduto a disciplinare sull’intero territorio comunitario le sempre più numerose forme di alimenti aventi caratteristiche nuove o ottenuti attraverso procedimenti non generalmente utilizzati.
In sintesi, i novel food, nuovi alimenti o nuovi ingredienti alimentari, disciplinati dalla legislazione alimentare comunitaria con il Regolamento (CE) 258/97, sono tutti quei prodotti e sostanze alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo ‘significativo’ al 15 maggio 1997 all’interno dell’Unione europea (UE), data di entrata in vigore del regolamento medesimo. Nell’ottica del legislatore, il consumo pregresso e significativo di un alimento che non ha fatto emergere effetti sfavorevoli rappresenta una prova di sicurezza. Quindi, in assenza di tale requisito, è necessario accertare la sicurezza attraverso l’applicazione del Regolamento, anche se gli alimenti e/o ingredienti alimentari sono già in commercio al di fuori dell’Ue.
Questa norma non consente da una parte la commercializzazione tout court di prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo sicuro a livello comunitario, ma allo stesso tempo offre comunque la possibilità di immettere i novel food sul mercato comunitario, previa autorizzazione.
Dal punto di vista definitorio, ai sensi del Regolamento 258/97, i novel food devono ricadere in una delle seguenti categorie:
1. prodotti o ingredienti alimentari con una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata;
2. prodotti o ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microrganismi, funghi o alghe;
3. prodotti o ingredienti alimentari costituiti da vegetali o isolati a partire da vegetali e ingredienti alimentari isolati a partire da animali.

In un primo momento gli stessi alimenti geneticamente modificati rientravano nell’ambito di operatività del testo del 1997. Solo con il 2003 è stata però introdotta una disciplina ad hoc. Le ragioni del ritardo, a sostegno dell’unitarietà della disciplina comunitaria in materia, erano legate al principio di libera circolazione delle merci. Fino al 1997 spettava ai singoli Stati autorizzare gli alimenti nuovi: tali alimenti potevano circolare liberamente nell’intero territorio Ue in base al principio del mutuo riconoscimento6.
Le regole applicabili ai novel food non sono oggetto di osservazione, volendo qui concentrarsi su una tecnologia specifica, ovvero l’ingegneria genetica che realizza i cosiddetti Ogm.
3. La normativa europea sugli Ogm ante 2015
La normativa europea sugli Ogm è stata introdotta per proteggere la salute dei cittadini e l’ambiente e, al tempo stesso, creare un mercato unificato della biotecnologia. Essa è sostanzialmente distinta in base all’oggetto: regolamentazione delle sementi o regolamentazione di alimenti e mangimi7.
Nel suo complesso il quadro regolatorio era composto, fino a tempi recenti, dai seguenti interventi:
• la Direttiva 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, una direttiva ‘orizzontale’, che regolamenta l’emissione nell’ambiente a fini di sperimentazione e l’immissione in commercio di Ogm;
• il Regolamento n. 1829/2003 relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, che riguarda l’immissione in commercio dei prodotti destinati all’alimentazione umana o animale che contengono o sono costituiti da Ogm e stabilisce norme per l’etichettatura dei prodotti destinati al consumatore finale;
• il Regolamento n. 1830/2003, che istituisce un sistema comunitario armonizzato che garantisce la tracciabilità e l’etichettatura degli Ogm e la tracciabilità dei prodotti destinati all’alimentazione umana o animale ottenuti da Ogm;
• il Regolamento n. 641/2004 della Commissione, recante norme attuative del Regolamento n. 1829/2003;
• la Direttiva 90/219/CEE, modificata dalla Direttiva 98/81/CE, sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati, che regolamenta le attività di ricerca e industriali (comprese le attività di laboratorio) che comportano impieghi confinati di Ogm.

Più nel dettaglio, la Direttiva 2001/18/CE, che abroga la Direttiva 90/220/CEE del Consiglio, mirava principalmente a rendere più efficace e trasparente la procedura prevista per autorizzare l’emissione deliberata nell’ambiente e l’immissione in commercio degli Ogm, a limitare l’autorizzazione a un periodo di dieci anni (rinnovabile) e ad introdurre un controllo obbligatorio dopo l’immissione in commercio degli Ogm, ex art. 114 TFUE (ex art. 95 TCE) sul ravvicinamento delle legislazioni. La direttiva mirava, nel rispetto del principio precauzionale, al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell’ambiente quando:
• si emettono deliberatamente nell’ambiente Ogm, a scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno della Comunità (per emissione deliberata si intende qualsiasi introduzione intenzionale nell’ambiente di un Ogm, o una combinazione di Ogm, per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l’ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi);
• si immettono in commercio all’interno della Comunità organismi geneticamente modificati come tali o contenuti in prodotti.

Quindi la direttiva distingueva l’ipotesi di emissione deliberata per qualsiasi fine diverso dall’immissione in commercio (Parte B), dall’ipotesi di emissione in commercio di Ogm come tali o contenuti in prodotti (Parte C).
L’art. 2 n. 2) della Direttiva 2001/18/CE definiva gli Ogm come: “un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”8.
Merita inoltre attenzione, per capire i cambiamenti avvenuti nelle recenti scelte politiche e legislative, sapere che, in base alla normativa del 2001, di norma gli Stati membri non potevano vietare, limitare o impedire l’immissione in commercio di Ogm conformi ai requisiti della direttiva stessa (articolo 22). Tuttavia, se uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni, ritenesse che un Ogm già autorizzato possa rappresentare un rischio per la salute umana o per l’ambiente, poteva temporaneamente limitare o vietare l’uso o la vendita di tale Ogm sul proprio territorio in base alla clausola di salvaguardia di cui all’art. 23 9.
Per quanto concerne invece la regolamentazione degli Ogm contenuti in alimenti o mangimi, i Regolamenti n. 1829/2003 e 1830/2003 sono volti a garantire la libera circolazione di alimenti e mangimi sicuri e sani, e a garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana.
In particolare, l’art. 2 del Reg. n. 1829/2003 definisce:
• “alimenti geneticamente modificati”: alimenti che contengono, sono costituiti o prodotti a partire da Ogm;
• “mangimi geneticamente modificati”: mangimi che contengono, sono costituiti o prodotti a partire da Ogm;
• “organismo geneticamente modificato destinato all’alimentazione umana”: Ogm utilizzabile come alimento o materiale di base per la produzione di alimenti;
• “organismo geneticamente modificato destinato all’alimentazione degli animali”: Ogm utilizzabile come mangime o materiale di base per la produzione di mangimi;
• “prodotto a partire da Ogm”: prodotto derivato, in tutto o in parte, da tali organismi, ma che non li contiene e non ne è costituito.

Per quanto riguarda l’immissione in commercio degli alimenti contenenti Ogm, il Regolamento (CE) n. 1829/2003 ha realizzato una centralizzazione a livello europeo della procedura di autorizzazione. La valutazione dei rischi (risk assessment) derivante da alimenti o mangimi Ogm è affidata in via esclusiva all’Efsa (European food safety authority). La decisione di autorizzazione (risk management) spetta alla Commissione, che deciderà sulla base del parere scientifico dell’Efsa (in specie del Gmo Panel), potendo però discostarsi da esso motivando la sua decisione. La prassi ha dimostrato che, nella pressoché totalità dei casi, la Commissione si allinea al parere scientifico dell’Efsa10. Va ricordato che anche il detto regolamento prevede delle misure d’urgenza (art. 34), ovvero la possibilità di adottare misure con cui si sospende o si modifica l’autorizzazione all’immissione in commercio “quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente ovvero qualora, alla luce di un parere dell’Autorità formulato ai sensi degli articoli 10 e 22” (misure adottate ex articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002). Si tratta di una disposizione per certi versi corrispondente, nella sostanza, alla cosiddetta clausola di salvaguardia art. 23 della Direttiva 2001/18.
4. Il “compromesso di Lussemburgo”: di che cosa si tratta?
Chi scrive utilizza questa espressione per attrarre l’attenzione sulla natura delle motivazioni sottese all’adozione di regole in materia di Ogm che segnano un cambiamento rilevante rispetto alle precedenti modalità di autorizzazione degli Ogm in Europa.
I ministri Ue dell’ambiente hanno raggiunto a Lussemburgo il 12 giugno 2014 un accordo politico sulla proposta di modifica della direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio (Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio – COM (2010) 375 del 13/7/2010). Più nel dettaglio, la proposta del Consiglio approvata da tutti gli Stati, fatta eccezione degli astenuti Belgio e Lussemburgo, prevedeva che ogni paese avrebbe potuto decidere, con leggi proprie e in pieno principio di sussidiarietà, se proibire o disciplinare la coltivazione Ogm sul proprio territorio nazionale e, pertanto, non avrebbe più dovuto presentare all’Unione europea le prove scientifiche o clausole di salvaguardia fino ad allora previste per giustificare la propria decisione.
La proposta di modifica della Direttiva 2001/18/CE si prefiggeva lo scopo di garantire la certezza del diritto per gli Stati membri quando questi legiferano sulla coltivazione di Ogm su basi diverse da quelle fondate sulla valutazione scientifica dei rischi sanitari e ambientali.
Un anno dopo il compromesso, ossia nei primi mesi del 2015, è stata emanata la Direttiva (Ue) 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, che modifica la Direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio.
Sulla base di quanto convenuto durante il predetto Accordo, il considerando n. 6 della Direttiva ricorda che “l’esperienza ha dimostrato che la coltivazione degli Ogm è una questione affrontata in modo più approfondito a livello di Stati membri. Le questioni relative all’immissione in commercio e all’importazione degli Ogm dovrebbero continuare ad essere disciplinate a livello di Unione al fine di salvaguardare il mercato interno. Tuttavia la coltivazione può richiedere maggiore flessibilità in certi casi, essendo una questione con forte dimensione nazionale, regionale e locale dato il suo legame con l’uso del suolo, le strutture agricole locali e la protezione o il mantenimento degli habitat, degli ecosistemi e dei paesaggi. In conformità dell’art. 2, par. 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue), gli Stati membri hanno diritto di adottare atti giuridicamente vincolanti che limitano o vietano la coltivazione degli Ogm sul loro territorio, dopo che per tali Ogm è stata rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’Unione. Tale flessibilità non dovrebbe tuttavia incidere negativamente sulla procedura di autorizzazione comune, in particolare sul processo di valutazione condotto principalmente dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (‘Autorità’)”.
In sintesi, dall’entrata in vigore della Direttiva gli Stati membri non sono più tenuti a far ricorso alle clausole di salvaguardia o alle misure di emergenza qualora non vogliano, per i più vari motivi11, introdurre sementi Ogm nel proprio territorio. Ora si ritiene opportuno garantire agli Stati membri maggiore flessibilità nel decidere se desiderino oppure no coltivare Ogm nel loro territorio, senza conseguenze per la valutazione del rischio prevista dal sistema dell’Unione di autorizzazione degli Ogm, nel corso della procedura di autorizzazione.
Analoghe soluzioni sembrano voler essere introdotte per gli alimenti Ogm. Il 27 aprile 2015, in effetti, a Bruxelles, è stata presentata la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (CE) n. 1829/2003 per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare l’uso di alimenti e mangimi geneticamente modificati sul loro territorio12. Con la stessa Proposta, la Commissione punta, pertanto, ad estendere agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati la soluzione concordata nella direttiva (UE) 2015/4123 dal Parlamento europeo e dal Consiglio sulla coltivazione di Ogm, nel rispetto della scelta democratica e nell’interesse della coerenza.
5. Conclusioni
I cambiamenti più significativi, intervenuti nella normativa europea con il “compromesso di Lussemburgo” del 2014 e la conseguente Direttiva (UE) 2015/412, riguardano sostanzialmente il processo di autorizzazione degli Ogm che, in estrema sintesi, viene ad attribuire maggiori poteri agli Stati membri in ossequio al principio di sussidiarietà.
La soluzione adottata pare, secondo quanto affermato nell’articolo n. 8 della Direttiva 2015/412, aver dato la possibilità di scelta agli Stati membri “per migliorare il processo di autorizzazione degli Ogm e, al tempo stesso, di garantire la libertà di scelta dei consumatori, degli agricoltori e degli operatori”, assicurando maggiore chiarezza alle parti interessate per quanto riguarda la coltivazione di Ogm nell’Unione.
Nella ricerca di un equilibrio tra le già assai complesse esigenze di offrire continui incentivi all’innovazione e garantire un livello elevato di tutela della salute dei consumatori di Ogm, i profili etici e di impatto sociale, nella loro dimensione nazionale, sembrano acquisire, nel caso in esame, un’importanza centrale.
Note
 1Si veda Defez, 2014. L’autore, direttore del Laboratorio di biotecnologie microbiche all’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr di Napoli, spiega i diversi vantaggi degli Ogm.
 2Sul punto si veda anche Barone, 2004.
 3Echols, 1998; Ferrari e Izzo, 2012.
 4Ferrari, 2014.
 5GU L 43 del 14.2.1997, 1.
 6Si veda il principio dell’art. 34 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che riguarda il “divieto fra gli Stati membri di restrizioni quantitative all’importazione nonché di qualsiasi misura di effetto equivalente”.
 7Si veda Ramajoli 2015.
 8Per capire come si ottiene una modificazione genetica bisogna fare riferimento all’allegato IA.
 9L’articolo 23 della Direttiva 2001/18/CE (Clausola di salvaguardia) così recita: “Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell’autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un Ogm come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l’ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l’uso o la vendita sul proprio territorio.
Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell’immissione in commercio, e l’informazione del pubblico.
Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri circa le azioni adottate a norma del presente articolo e motiva la propria decisione, fornendo un nuovo giudizio sulla valutazione di rischi ambientali, indicando se e come le condizioni poste dall’autorizzazione debbano essere modificate o l’autorizzazione debba essere revocata e, se necessario, le nuove o ulteriori informazioni su cui è basata la decisione”.
10Spesso nei dibattiti mediatici vengono messe in luce alcune criticità relative all’operato dell’Efsa in relazione alla procedura di autorizzazione di Ogm e alimenti Ogm: l’Efsa non ha propri laboratori scientifici: compie una peer review (raccolta, analisi, e sintesi delle informazioni scientifiche disponibili e le “filtra” in pareri scientifici). I soggetti richiedenti l’autorizzazione (multinazionali – Monsanto, Pioneer HiBred, Bayer Crop Science, Syngenta) sono in grado di compiere costosissime ricerche scientifiche, che poi sono poste a supporto della richiesta di autorizzazione.
11Si tenga conto che il processo decisionale è risultato particolarmente difficoltoso per quanto riguarda la coltivazione di Ogm, in quanto sono state espresse preoccupazioni nazionali non dettate unicamente da questioni legate alla sicurezza degli Ogm per la salute e per l’ambiente.
12Si veda il sito: https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/002/753/RUOCCO5.pdf.
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