Dettagli Aprile-Giugno 2009, Vol. 10, N. 2 doi 10.1706/441.5198 Scarica il PDF(65,8 kb) Citazione Brunetti M. Integrated health care for people with chronic conditions. A policy brief. . doi 10.1706/441.5198 Scarica la citazione: BibTex EndNote Ris Altro dagli autori Articoli di Massimo Brunetti Integrated health care for people with chronic conditions. A policy brief titolo - split_articolo,controlla_titolo - art_titolo Integrated health care for people with chronic conditions. A policy brief testo - art_testo Oxman AD, Bjørndal A, Flottorp SA, Lewin S, Lindhal AK Norwegian Knowledge Centre for the Health Services, Oslo 2008 Un documento da leggere con attenzione per chi si occupa di sistemi sanitari integrati per i pazienti cronici. Preparato per il governo norvegese in occasione di un meeting organizzato nel settembre 2008 per discutere una riforma del servizio sanitario su questo argomento, questo lavoro fa il punto di tutta la letteratura sui diversi strumenti a disposizione per l’integrazione delle politiche sanitarie a favore dei pazienti con malattie croniche. Per ognuna delle opzioni esaminate lo studio si è basato principalmente su revisioni sistematiche, mettendo in evidenza luci e ombre dei diversi strumenti analizzati. Uno dei risultati del rapporto è aver dimostrato l’importanza del coinvolgimento dei consumatori e degli stakeholder per raggiungere risultati in termini di integrazione delle politiche, anche se non è chiaro come ottenere questo coinvolgimento. A causa delle molteplici barriere al cambiamento organizzativo e professionale, approcci semplicistici sono difficilmente efficaci, mentre hanno più successo approcci incrementali. Vengono suggeriti diversi modelli per la definizione del cambiamento, anche se la loro efficacia non è stata misurata in modo chiaro. Decision maker views on priority setting in the Vancouver Island Health Authority Dionne F, Mitton C, Smith N, Donaldson C Cost Eff Resour Alloc 2008, 6: 13. doi: 10.1186/1478-7547-6-13 Non sembra ci siano grandi consensi su come vengono allocate le risorse sanitarie e c’è un interesse sempre maggiore della ricerca verso i processi decisionali che si occupano di come le risorse vengono distribuite. In questo lavoro sono state condotte alcune interviste a 18 tra manager e direttori clinici della Vancouver Island Health Authority, in British Columbia, che assiste una popolazione di 730.000 canadesi. Dalle risposte sono emerse 9 aree di un processo ideale di priority setting. La prima riguarda la valutazione della situazione esistente: non è sempre detto che l’attuale distribuzione delle risorse sia ottimale ed è quindi importante descrivere la situazione attuale con le relative caratteristiche. Le aree successive affrontano l’argomento dell’impiego delle migliori prove disponibili nel processo di valutazione. Inoltre, sono state ritenute importanti la chiarezza, la trasparenza del processo e la coerenza nel tempo e all’interno di tutta l’organizzazione. La quinta area riguarda la qualità dei criteri adottati, che devono essere chiari, misurabili e rilevanti per l’organizzazione. La sesta riguarda la disseminazione delle informazioni, includendo anche il processo decisionale e i criteri adottati. Il settimo punto riguarda la valutazione del processo, mentre l’ottavo la rappresentazione corretta del processo. Infine l’ultima area considera l’allineamento del processo con la direzione strategica e la valutazione dei risultati. Secondo gli intervistati i processi decisionali esistenti sembrano privi di molte di queste caratteristiche. Sono emersi inoltre altri fattori che influenzano l’allocazione delle risorse, incluse considerazioni politiche e organizzative. Teams in action: primary health care teams for Canadians Health Council of Canada, Toronto 2009 www.healthcouncilcanada.ca Un rapporto canadese sui team di cure primarie, strumenti messi in campo per far fronte all’aumento dell’età delle persone e delle patologie croniche. In questi team operano sia i medici sia altre professionalità come gli infermieri, i dietisti e gli assistenti sociali che forniscono informazioni sugli stili di vita e sulla prevenzione e cura delle patologie. Il rapporto cerca di osservare i risultati a 5 anni dalla loro implementazione sia dal punto di vista del paziente sia da quello del cittadino che paga le tasse. Il primo dato che emerge è la presenza di molte realtà diverse fra loro, definite dagli autori come un mosaico creativo. In molte giurisdizioni rurali lavorano team con pochi medici di medicina generale, che gestiscono patologie come il diabete e le malattie cardiovascolari anche con approcci innovativi ritagliati sulle singole comunità. Spesso questi team operano su specifici target di popolazione, superando la semplice assistenza sanitaria e preventiva. In generale si è tuttavia osservato come siano necessarie altre informazioni circa il loro reale impatto sulla popolazione, per essere sicuri di investire in modo ottimale le risorse della collettività. Nel lavoro vengono descritti molti esempi tratti dalle diverse province canadesi, dai quali emergono le diverse specificità di ognuno di essi. Five-year review of ‘Let’s Make Scotland More Active’. A strategy for physical activity NHS Health Scotland, February 2009 http://www.healthscotland.com/uploads/documents/9159-1150-HS PA 5yr Review Final.pdf Let’s Make Scotland More Active (LMSMA) è un piano ventennale per la promozione dell’attività fisica avviato nel 2003. Il suo obiettivo è ottenere che, entro il 2022, il 50% della popolazione adulta di età superiore ai 16 anni e l’80% dei bambini, fino ai 16 anni di età, rispetti i livelli minimi di attività fisica raccomandati dall’OMS e dall’Unione Europea, adottando uno stile di vita attivo. Nel 2008 si è costituito un gruppo di esperti per valutare i risultati raggiunti da LMSMA nei primi cinque anni di implementazione. Sono stati pertanto intervistati interlocutori privilegiati (operatori sanitari, insegnanti) per raccogliere e analizzare i diversi punti di vista. Secondo questo report le azioni di promozione dell’attività fisica implementate si dimostrano efficaci. A partire dal 2003 si registrano sostanziali sviluppi nelle strategie locali di promozione dell’attività fisica che si concretizzano in avvio di nuove partnership e in una maggiore consapevolezza dell’importanza di uno stile di vita attivo. I programmi, finanziati direttamente da LMSMA, hanno aumentato le opportunità di svolgere attività fisica. Dall’avvio del piano si è diffuso un forte impegno per istituire, a livello nazionale, un organo centrale di coordinamento delle azioni di promozione dell’attività fisica. Uno dei punti importanti riguarda sostenere la leadership locale rispetto alla responsabilità, alla progettazione, al monitoraggio/valutazione dei programmi. Tuttavia, sebbene l’attività fisica occupi una posizione rilevante in numerose politiche, vi è ancora una tendenza alla dispersione degli sforzi. Non vi è un singolo ente in grado di svolgere funzioni di gestione e di coordinamento, al fine di capitalizzare l’impegno di un vasto ed eterogeneo gruppo di stakeholder, alcuni dei quali non considerano necessariamente l’attività fisica come una loro priorità. Managing evidence-based knowledge: the need for reliable, relevant and readable resources Straus S, Haynes RB CMAJ 2009; 180 (9): 942-945 Sempre più vi è la convinzione che le decisioni cliniche e organizzative debbano basarsi sulle migliori prove disponibili. Tuttavia i clinici incontrano ancora grandi problemi nel ricercare tali prove. Infatti i libri di testo e i consigli dei colleghi sono ancora le fonti più utilizzate per acquisire nuove conoscenze, pur essendo spesso non aggiornate o poco accurate. La quantità di informazioni disponibili è paradossalmente una delle principali barriere esistenti: se fino a dieci anni fa un medico avrebbe dovuto leggere 17 articoli al giorno per essere aggiornato, oggi il dato è raddoppiato. Queste problematiche evidenziano la necessità di migliori infrastrutture nella gestione delle conoscenze basate sulle prove. In molti hanno proposto le revisioni sistematiche come soluzione, ma anche queste presentano problemi di tempo nella loro identificazione e lettura e a volte anche nella qualità del reporting. Straus e Haynes suggeriscono la legge delle 3-R per chi pubblica informazioni evidence-based: reliability, relevance and readability. Inoltre propongono il metodo delle 5-S per trovare le informazioni: una piramide, alla base della quale sono collocati gli studi primari (Studies), poi le sintesi (Syntheses), come le revisioni sistematiche, successivamente le sinopsi (Synopses), come gli abstract delle riviste come ACP Journal Club, Evidence-Based Medicine, poi ancora i riassunti (Summaries), che includono testi online come Dynamed e Clinical Evidence, e infine, in cima alla piramide, i sistemi decisionali informatizzati (Systems). Il metodo proposto dagli autori è indubbiamente un aiuto, per chi deve prendere decisioni, a districarsi nella giungla delle informazioni disponibili. National accounts of well-being: bringing real wealth onto the balance sheet Michaelson J, Abdallah S, Steuer N, Thompson S, Marks N http://cdn.media70.com/national-accounts-of-well-being-report.pdf January 2009 Il miglioramento del benessere delle persone è uno dei temi più importanti per le nostre società e la sua misurazione è un dibattito sempre aperto. È chiaro a tutti che il solo prodotto interno lordo non rappresenti, o lo faccia in modo molto inpreciso, la vera ricchezza di una società e il benessere delle persone. In questo rapporto, edito dalla New Economics Foundation, si è cercato attraverso un questionario di confrontare una serie di indicatori fra diverse nazioni europee sul benessere delle persone. Tecnicamente il lavoro è stato suddiviso in due aree: il benessere personale e quello sociale. A quest’ultimo è stato poi anche aggiunto il benessere lavorativo. La Danimarca ne esce come la nazione con il miglior benessere personale e sociale. Anche la Svizzera e la Norvegia raggiungono i primi posti per il benessere aggregato. Agli ultimi posti, invece, Ungheria, Bulgaria e Ucraina. Interessante notare come nei Paesi del Nord Europa il benessere sociale e personale rimanga invariato fra le diverse fasce di età, mentre in altre nazioni l’aumento dell’età corrisponda ad una diminuzione del suo valore. I dati – disponibili in modo interattivo sul sito www.nationalaccountsofwellbeing.org – potrebbero essere usati anche a livello politico per una lettura del benessere anche fra le diverse categorie di persone, sulla base dell’età e del sesso. Purtroppo nel presente lavoro non sono disponibili dati per l’Italia. Is the value of a life or life-year saved context specific? Further evidence from a discrete choice experiment Mortimer D, Segali L Cost Eff Resour Alloc 2008, 6: 8. doi: 10.1186/1478-7547-6-8 Il principio alla base delle valutazioni economiche in ambito sanitario è quello di esprimere i risultati nei confronti degli interventi in termini di differenze nel consumo di risorse rispetto alle differenze nell’efficacia degli interventi. Quest’ultima può essere espressa come numero di vite salvate, anni di vita salvati o quality-adjusted life years (QALYs). Il principio utilizzato sino ad ora è l’equivalenza di questi indicatori relativamente all’efficacia degli interventi. In questo studio si è cercato di capire le preferenze verso una o più misure di efficacia, verificando proprio l’equivalenza delle stesse. I partecipanti al lavoro hanno messo in luce come le preferenze ricadano sugli interventi poco costosi e più efficaci, favorendo la prevenzione alla cura. Sono preferiti inoltre gli interventi a favore dei bambini rispetto a quelli sugli adulti, mentre agli interventi sulle persone anziane viene data la priorità minima. Secondo gli autori di questo lavoro nella prioritarizzazione degli interventi esiste quindi spazio per considerazioni di tipo non sanitario. Equivalence of two healthcare costing methods: bottom-up and top-down Chapko MK, Liu CF, Perkins M et al Health Econ 2008; doi: 10.1002/hec.1422 Nella valutazione dei progetti e degli interventi si focalizza molto l’attenzione sugli aspetti legati alla loro efficacia e organizzazione. Meno spazio invece viene dedicato alle metodologie per la valutazione dei costi, a partire dal consumo di risorse. In questo lavoro sono stati confrontati i due metodi tradizionali per stimare i costi: il metodo bottom-up, che parte dal basso, e il metodo top-down, che parte dall’alto. Il primo è stato analizzato attraverso lo US Department of Veterans Affairs Decision Support System, che usa i costi e le risorse a livello locale, mentre il secondo attraverso il VA Health Economics Resource Center, che usa dei budget a livello nazionale, utilizzando dei pesi specifici. I risultati dei due metodi, analizzati su circa 15.000 pazienti in 72 centri diversi, sono stati quindi confrontati con numerose misure statistiche. La correlazione fra le due metodologie di misurazione è stata molto variabile. Infatti il metodo top-down rappresenta un costo medio delle rilevazioni, mentre in quello bottom-up vengono raccolte anche le specificità a livello locale. In media l’approccio bottom-up ha stime più alte di costo per l’assistenza specialistica e più basse per quella ospedaliera. Il messaggio di questi ricercatori è di porre grande cautela agli obiettivi, metodi, caratteristiche, punti di forza e debolezza degli studi che calcolano i costi in quanto questi possono portare a risultati diversi fra loro. autori - vau_aut_id Massimo Brunetti affiliazione_autori - ignora Azienda Usl di Modena